mercoledì 8 marzo 2017

Il Partito Democratico

Stupefacente lo spettacolo del PD in questo periodo di attesa delle Primarie. Renzi, Emiliano, D’Alema, Orlando: tutti contro tutti, in un duello all’ultimo sangue, che ricorda molto da vicino la lotta tra le correnti della vecchia DC. Ed il richiamo non è casuale, perché il PD di oggi è diventato l’architrave, il perno di  quel sistema di potere che fino agli anni 90 del secolo scorso era rappresentato dalla vecchia DC degli Andreotti e dei Forlani, dei Moro e dei Fanfani.
Con qualcosa in più però in fatto di acredine e di virulenza polemica, mancanti nelle mosse felpate dei vecchi notabili DC, che si movevano spesso sull’orlo dell’abisso, ma sempre attenti a non coinvolgere nel disastro l’unità del Partito, che doveva sopravvivere a qualunque costo.
        A mio parere, la vecchia DC si dimostrava unita perché aveva una evidente percezione della precarietà del suo sistema di potere, insidiata da potenti forze disgregatrici e centrifughe, interne ed esterne, di ogni tipo, per cui essa considerava quell’unità la conditio sine qua non per la gestione di quello stesso potere. Tale consapevolezza manca invece al Pd, erede del PCI, del quale condivide in parte una certa altezzosità ed anche un senso di impunità ampiamente giustificato, per come tante vicende hanno consentito di vedere. Per il PD l’unità del partito non costituisce un tabù inviolabile, come dimostrano le numerose scissioni  a sinistra verificatesi nel corso degli ultimi cento anni, da quella di Livorno del 1921 a quella recentissima della nascita dell’MDP : i sinistri sanno che, comunque vadano le cose, il Partito non muore e loro saranno sempre l’ago della bilancia.
La DC, fatta fuori da Mani Pulite, è scomparsa; il PD, risparmiato da Mani Pulite, dopo tante scissioni e tanti cambi di nome, è sempre lì, inamovibile come una montagna, sempre pronto a tutelare, a foraggiare, ad allattare quelli che si affidano alle sue amorevoli cure.
E qualche ragione i Piddini ce l’hanno a considerarsi inamovibili ed indispensabili. Vedete un po’ quel che successe negli anni 90 con Mani Pulite: un’intera classe politica fu spazzata via, gloriosi e vecchi partiti scomparvero dalla scena, ma i magistrati di Milano  si bloccarono, forse perché ebbero paura o un inconfessabile timore riverenziale, davanti al vecchio PCI. E dire che quel vecchio e glorioso PCI era il partito più vulnerabile e più indifeso, quanto a finanziamenti illeciti, se solo si fosse voluto attaccarlo con un minimo di decisione, per il suo duplice foraggiamento sul mercato interno e su quello esterno della vecchia URSS. Ma i magistrati non osarono attaccarlo, se non per finta.
Poi c’è stato un alterno avvicendarsi di eventi, c’è stato il periodo della Destra al potere, c’è stato Berlusconi, ma sembra già preistoria. Nel frattempo altri partiti vecchi e nuovi sono apparsi e scomparsi, ma il PD è sempre lì ad occupare la scena come una “balena”, termine con il quale i vecchi polemisti erano soliti definire la DC.
Negli ultimi tempi addirittura il PD sembra essere rimasto l’unico vero partito sulla scena politica.  Per tutti i media che contano, per TV e giornali mainstream, le polemiche precongressuali, i riposizionamenti dei vari leaders, le dichiarazioni di D’Alema, sono le uniche notizie che contano ed hanno la precedenza su guerre, terremoti e cataclismi vari.  D’altra parte il PD è l’unico a fare congressi, l’unico ad avere sedi sparse in tutt’Italia, anche nei comuni più piccoli, l’unico ad avere un patrimonio immobiliare sterminato. Addirittura nel periodo renziano si aveva l’impressione che il PD esprimesse  a livello parlamentare sia la maggioranza, sia l’opposizione. A Sinistra i grillini, pur numerosi, non incidevano più di tanto per la loro pochezza culturale e politica e a destra gli unici movimenti percepibili erano, dopo quelli dei Fini e dei Follini degli anni precedenti, quelli degli Alfano e dei Verdini che correvano senza pudore in aiuto del vincitore, secondo una prassi tipicamente italiana e prima che le porte fossero richiuse.
Ora ci si avvia verso il Congresso e i Piddini si muovono come formiche impazzite. Ma non c’è da temere. Passeranno forse Renzi e Gentiloni, D’Alema e Bersani, ma il partito non passerà. Potrà andare incontro a qualche difficoltà, ma rinascerà “più bello e più superbo che pria”, come diceva di Roma il grande Ettore Petrolini nella sua celebre interpretazione  di Nerone. Perché, almeno in Italia, nessun altro partito, come gli eredi del PCI, conosce l’arte di far diventare eterna una momentanea occupazione del potere.
In regioni come l’Emilia, la Toscana ed altre il PD è riuscito nel corso dei decenni a creare una tale ragnatela di interessi clientelari e per molti aspetti  parassitari, che è pura utopia pensare che altri possano insidiarne il potere. Ed a questo bisogna aggiungere anche che i sinistri sono spregiudicati e disinvolti, abili venditori di se stessi.
Il PD, oltre che un partito, è anche diventato un’azienda, un’azienda che muove interessi e capitali immensi e che, come tutte le aziende, ha anche una ragione sociale, anzi ne ha due. Una nascosta e che l’accomuna, più o meno, a tutti gli altri partiti che si agitano sulla scena e cioè la tutela degli aderenti, clienti e galoppini compresi, come in una qualunque società di mutuo soccorso.
Questo spiega tante cose: spiega le file dei banchieri, di tutti i banchieri, in pazienta attesa di poter dare il loro voto a Prodi alle primarie dell’Ulivo di qualche anno fa; spiega le vicende del Monte dei Paschi di Siena e di Banca Etruria; spiega l’apparente contraddizione per cui quasi tutti coloro che dispongono di molti soldi votano a sinistra; spiega perché un intrigante mestatore come l'ing. Carlo De Benedetti, tipico esemplare di industriale miliardario e parassita, si vanta di essere la tessera numero 1 del PD; spiega perché la nostra Confindustria, parassitaria ed assistita, all’ultimo referendum invitava a votare sì.
E poi c’è un’altra ragione sociale, quella ufficiale diciamo, secondo la quale il PD, come il vecchio PCI, è il partito che difende gli ultimi, i poveri, i miserabili, gli indifesi. Una volta questi ultimi erano rappresentati dalla classe operaia, dai proletari insomma (“Proletari di tutto il mondo unitevi”, diceva Marx). Oggi la classe operaia non c’è più, perché con la deindustrializzazione galoppante gli operai sono scomparsi ed i pochi rimasti sono diventati borghesi. Ma il  partito non s’è perso d’animo, s’è guardato attorno ed ha trovato che c’erano da difendere tutti i disperati della terra, i clandestini, i migranti, i richiedenti asilo, i profughi e li sta costringendo, con le buone o con le cattive, a venire tutti in Italia. Il partito non poteva perdere la sua ragione sociale, pena la decadenza e la scomparsa. Il giorno in cui gli “oppressi” di tutto il mondo saranno tutti arrivati da noi, il PD continuerà a vivere. I dirigenti del Partito alzeranno lo sguardo verso il cielo, non per intravedere il Paradiso, ma solo per capire se per caso sul pianeta Marte non c’è qualche “profugo” che vuole scappare da “guerre e carestie”, vere o presunte, fa lo stesso.
Dopo la flotta di navi, con cui andiamo a prendere i clandestini sulle spiagge della Libia, prepariamoci a costruire una flotta di astronavi.
Ezio Scaramuzzino


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