sabato 14 gennaio 2017

La post-verità: da Ponzio Pilato a Bello Figo

Il  Vangelo (Giovanni 18,38) ci fa sapere che Ponzio Pilato concluse il suo dialogo con Gesù chiedendogli: “Quid est veritas?”, “Che cos’è la verità?” e che, senza dargli il tempo di rispondere, si rivolse alla folla. Pilato è in quel momento il simbolo dell’uomo che, pur ricercando la verità, dispera di trovarla, perché sa che la verità non esiste e che, se anche esiste, egli non può conoscerla.
La ricerca della verità aveva già in precedenza affascinato la mente dei filosofi greci. I Sofisti avevano detto che la verità non esiste, perché l’uomo è la misura di tutte le cose, e quindi esistono tante verità per quanti uomini respirano sotto la volta celeste. Sulla loro scia anche Socrate aveva fatto della ricerca della verità il fulcro della sua ricerca filosofica, mentre Platone era l’unico che si diceva convinto di essere in possesso della verità, la sua verità, talché Aristotele, pur dichiarandosi suo amico, ne prendeva le distanze (Amicus Plato, sed magis amica veritas).
Così in seguito nel corso dei secoli, da Tommaso d’Aquino a Cartesio, da Locke a Popper, da Einstein a Pirandello, è stato tutto un susseguirsi di ricerche e di effimere conclusioni sulla ricerca della verità e sulla possibilità di conoscerla.
Ed oggi come siamo messi? Nel mese di Novembre  2016 l’Oxford English Dictionary ha deciso di eleggere “post-truth” (post-verità) come parola dell’anno e da allora è tutto un tripudio di discussioni e  polemiche su questa magica parola.
La post-verità è diventata di moda, sui social, nella carta stampata e nel mondo variegato che gravita intorno alla politica, soprattutto dopo la Brexit, la vittoria di Trump e la vittoria del NO nel referendum in Italia. Il suo significato ha una connotazione chiaramente negativa e, nelle intenzioni di coloro che l’hanno lanciata e la usano continuamente, ha ormai assunto il significato di falsa notizia, bufala (fake news).
Sostengono infatti quelli della compagnia di giro che certe vittorie politiche, certi risultati referendari sono talmente inconcepibili ed assurdi da potersi spiegare solo con una sorta di obnubilamento generale che avrebbe offuscato la coscienza e la mente degli elettori, in seguito alla diffusione massiccia ed incontrollata di false notizie, ritenute vere.
Sono disperati quelli della compagnia di giro. Una volta bastava diffondere le loro notizie sul Guardian, su Le Monde, su Repubblica, sul Corriere, sul Financial Times, su qualche canale televisivo (e la RAI si distingueva per zelo); bastava ogni tanto l’esternazione di qualche attore o di qualche cantante, quasi tutti con il cuore a sinistra ed il portafoglio a destra; bastava qualche esternazione di Papa Bergoglio e dell’ormai ex Presidente Hussein Obama; bastava l’esternazione di qualche ambasciatore o di alcuni di coloro che piacciono alla gente che piace: il gioco era fatto e la partita era chiusa.
Negli ultimi tempi però si è verificato un fatto forse inaspettato, il boom della Rete, di Internet, dei Social Network, che hanno consentito di far conoscere una verità parallela a quella diffusa dalla compagnia di giro e che ha consentito il realizzarsi di una famosa frase di Antonio Gramsci, seppur formulata allora con altri intenti, e cioè che la verità è sempre un fatto rivoluzionario, talché nel mondo dell’informazione sta nascendo una vera e propria rivoluzione.
Sono disperati quelli della compagnia di giro, perché non riescono più a controllare pienamente il flusso delle notizie, perché si accorgono che il controllo delle coscienze sta loro sfuggendo di mano. La realtà non è più quella che essi sostengono? Peggio per la realtà, perché essi sono nel vero. La gente non crede più alle loro scemenze? Peggio per la gente, perché sarà portata alla rovina.
Ma non si rassegnano quelli della compagnia, non si danno pace e da un po’ di tempo  incominciano a dare segni evidenti di delirio. Ogni tanto se ne escono con commissioni che dovrebbero controllare le notizie, con organismi che dovrebbero sorvegliare i grandi social network, per ammonire, per consigliare, e infine per reprimere. Con le loro proposte fanno venire in mente quello che George Orwell raccontava nel suo famoso romanzo 1984. Lì lo scrittore inglese prevedeva l’avvento di un regime che avrebbe istituito il Ministero della Verità, un Ministero che quotidianamente avrebbe informato i cittadini su ciò che era vero e ciò che era falso, su ciò che si poteva o non si poteva dire, sulle parole che si potevano o non si potevano usare.
Ma quello che comunque squalifica gli esponenti della compagnia di giro non sono tanto le farneticazioni su ipotetiche proposte e realizzazioni da attuarsi in futuro, li squalifica già abbondantemente quello che hanno già detto, fatto e realizzato nel passato.
Loro sono quelli che una volta sostenevano che il Socialismo avrebbe portato il Paradiso in terra. Ed ancora oggi sono quelli che dicono in giro che in Italia non esistono clandestini, perché gli immigrati sono tutti profughi che scappano dalla guerra; che i clandestini sono il futuro dell’Italia, perché fanno i lavori che gli Italiani non vogliono più fare e quindi ci pagano e ci pagheranno le pensioni; che l’Islam è una religione di pace e che il terrorismo islamico non esiste; che Bello Figo rappresenta il futuro dell’arte e della musica italiana (vedi Gad Lerner); sono quelli che sognano sindaci africani (vedi Roberto Saviano).
C’è bisogno di aggiungere altro?
Ezio Scaramuzzino

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