giovedì 10 marzo 2016

Omaggio a Fritz e Cicci









    Ho avuto pochi, pochissimi animali domestici nel corso della mia vita. Quando ero bambino, a casa mia c’era un cane, Fritz, ma ne ho pochi ricordi. Restano nella mia memoria immagini sbiadite di lui che correva e che superava altri cani. Era molto veloce, o almeno così dicevano i miei fratelli, che ne erano orgogliosi. Spesso si organizzavano delle gare fra cani e Fritz vinceva immancabilmente. Ricordo una sua particolare abilità, che allora era ritenuta una dote straordinaria per un cane. Gli si metteva sul muso un pezzo di pane e lui riusciva a mantenerlo in miracoloso equilibrio. Poi qualcuno  recitava una filastrocca che si concludeva così: tu ti mancerai ‘stu morzu di pani / quannu ndi senti tre tocchi di campane (tu mangerai questo pezzo di pane, quando sentirai tre tocchi di campane). Bum!Bum!Bum! Al terzo Bum Fritz lanciava in aria il pezzo di pane, lo riacchiappava al volo e lo ingoiava voracemente. Fritz, di certo, intuiva vagamente il suono del terzo bum, che per lui rappresentava il momento in cui doveva agire.
Non ricordo come e quando morì.
A distanza di tanti anni, per volontà delle mie figlie piccoline, ho poi avuto una gattina, Cicci, vissuta per tredici anni. L’ho amorevolmente trattata, l’ho protetta e l’ho curata sino alla fine. Negli ultimi tempi aveva molto sofferto per varie malattie.
Una mattina mi accorsi che non moveva le zampette posteriori e che avanzava sul pavimento trascinandosi. Con la morte nel cuore decisi di portarla dal veterinario, non per guarirla come avevo già fatto tante altre volte, ma solo per abbreviare le sue sofferenze. La avvolsi in un plaid e la richiusi nella sua gabbietta. Mentre guidavo, ogni tanto le davo un’occhiata e mi accorsi che mi guardava serenamente, come aveva sempre fatto. Morì quasi senza accorgersene, come addormentandosi.
Mi sono sempre chiesto se gli animali hanno coscienza della morte. Si raccontano vicende di cani che si soffermano sulla tomba dei loro padroni, di altri animali che si allontanano e vanno a morire in luoghi nascosti.
Gli animali hanno certamente consapevolezza della sofferenza, del dolore fisico, magari avvertono anche in maniera vaga e confusa la scomparsa degli altri esseri viventi, ma non penso che essi abbiano coscienza della propria morte.  Il cane, che si sofferma sulla tomba, quasi certamente attende che il padrone ritorni, così, semplicemente, come se nulla fosse successo. Questa consapevolezza della propria fine è un  triste privilegio della specie umana, è una dolorosa conseguenza dell’aver mangiato la mela della conoscenza nel giardino dell’Eden. Se si pensa a quante volte gli uomini vivono nel pensiero e nella preoccupazione della propria fine, forse c’è da invidiare gli animali. Almeno loro non sanno e, a guardarli negli occhi, avverti il sentimento dell’eternità. Come quel giorno, quando portavo Cicci dal veterinario a pochi minuti dalla sua scomparsa ed i suoi occhi mi guardavano tranquilli, come sempre.

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