martedì 27 dicembre 2016

Riflessioni di fine anno






A fine anno si è soliti volgersi indietro, per rivedere quel che è accaduto e trarne qualche insegnamento e qualche modesta proposta per l’avvenire. Nell’elenco che segue sono proposti 10 eventi e/o riflessioni, con l’avvertenza che essi/esse non si susseguono necessariamente in ordine di importanza.


1Immigrazione- Continua l’allegra invasione dell’Italia con la nostra Marina militare che va a prendere i clandestini quasi sulle coste della Libia, rendendosi complice degli scafisti e dei mercanti di schiavi. Nel solo 2016 ne sono arrivati circa 200.000. Si dice che noi saremmo costretti a comportarci così in base ad accordi internazionali liberamente sottoscritti. A parte il fatto che questi accordi sono stati stipulati quando arrivavano 50 clandestini all’anno ed a parte il fatto che gli accordi sono fatti per essere cambiati, quando risultano inadeguati, non si vede perché solo l’Italia debba essere costretta a rispettarli, mentre tutti gli altri stati europei possono simpaticamente strafregarsene.

2Debito pubblico- Continua ad aumentare ed è arrivato a ben oltre duemiladuecento miliardi di €, cioè circa il 140% del PIL. L’ultimo consistente aumento di circa 20 miliardi è stato determinato dal salvataggio di Montepaschi, allegramente saccheggiata e portata alla rovina dal Partito Democratico. Gli attuali governi italiani ogni tanto chiedono all’UE una maggiore flessibilità economica, cioè la licenza di fare ulteriori debiti. C’è la possibilità, se non di ridurlo, almeno di invertire la tendenza: basterebbe semplificare la macchina dello stato, ridurre le vergognose pensioni dei parassiti di stato, ridurre o eliminare le migliaia di municipalizzate ridotte a luoghi di saccheggio. Ma nessuno sembra avere la forza di intraprendere una simile azione, con la conseguenza che l’Italia è avviata sull’orlo dell’abisso. E’ solo questione di tempo.

3Matteo Renzi- Ce lo siamo tolto di mezzo con il referendum, ma non è ancora finito il Renzismo, che consiste nella politica intesa come spavalderia, senso dell’impunità, bullismo, propensione a prendere gli altri per il culo. E’ vero che l’attuale premier, suo esatto opposto,  è stato scelto proprio per far dimenticare questi aspetti deteriori dell’agire politico, ma Renzi  è sempre dietro l’angolo. E’ ancora il leader del PD, è molto giovane, spasima per la voglia di prendersi una rivincita. Umanamente poteva anche apparire simpatico a molte persone, ma, tutto sommato, penso che non dovremo rimpiangerlo e che sia meglio trattenerlo a Pontassieve, dove potrà giocare con la play station e potrà andare a fare la spesa ai supermercati della Coop.

4Beppe Grillo- Man mano che i grillini occupano importanti settori dello stato, il loro programma politico si delinea con sufficiente chiarezza: i grillini sono come il Pd, solo un po’ peggio, ed a questo aggiungono una totale inadeguatezza derivante dalla mancanza di personale politico e dall’improvvisazione. La moralizzazione della vita pubblica e la eliminazione di alcune fonti parassitarie sono un buon inizio, ma da sole non bastano a garantire una buona amministrazione: è da ricordare che molto spesso un politico incapace provoca più guai di un politico ladro. E’ inoltre da biasimare la loro voluta ambiguità di fronte al gravissimo problema dell’immigrazione clandestina.

5La Destra- La Destra italiana è in confusione. Salvini e Meloni da una parte e Berlusconi dall’altra non riescono a mettersi d’accordo su niente ed in queste condizioni finiranno con il contare quanto il due di coppe quando la briscola è a bastoni. Pur rendendogli l’onore delle armi, bisogna pur dire che il Cavaliere è chiaramente giunto al capolinea e che la sua potenza economica, che una volta costituiva il suo punto di forza e lo rendeva sprezzantemente indipendente, oggi  è diventata la sua plateale debolezza. Egli è facilmente ricattabile e dopo la persecuzione giudiziaria, alla quale egli ha dato un non modesto contributo con il suo comportamento spensierato, è diventato incerto ed esitante al limite della confusione. La soluzione potrebbe essere a portata di mano: elezioni primarie di coalizione e vinca il migliore. Ma il Cavaliere sarà disposto a mettersi in gioco?

6Papa Bergoglio- Ha ridotto la Chiesa Cattolica (Cattolica vuol dire universale) al livello di una Onlus, di una Ong o di una Cooperativa ed ha fatto della Caritas, che una volta era solo un’appendice della Chiesa, il suo punto di forza. A proposito, non sarebbe male cercar di capire che fine fa l’enorme massa di denaro introitata dalla Caritas con l’immigrazione clandestina, perché solo una parte viene spesa per l’assistenza. Oggi gli interessi della Chiesa Cattolica spaziano dall’ecologia alla raccolta differenziata, dalla fame nel mondo all’immigrazione clandestina, dalle coppie gay a tutto ciò che appare “politicamente corretto”. Non risultano interessi, o almeno risultano non pervenuti, nei confronti dei Cristiani perseguitati in molte parti del mondo o interessi per la salvezza delle anime e la conquista del Paradiso. Si capisce che la Caritas e l’Otto per mille procurano molte più entrate alle Finanze vaticane, ma penso che Bergoglio potrebbe almeno salvare la faccia, ricordando ogni tanto che esiste anche l’Anima, che l’Anima è immortale e che un giorno, probabilmente, dovremo rendere conto a Qualcuno di quel che abbiamo fatto. Compreso lui.

7La scuola- Paradossalmente oggi i simboli più emblematici della nostra scuola sono il Ministro “zeru tituli” Valeria Fedeli ed il sottosegretario Davide Faraone. La prima ha millantato una laurea che non ha ed un diploma che non ha. Il secondo ha impiegato 16 anni per conseguire una laurea in Scienze Politiche ed ha più volte sostenuto che gli studenti imparano di più occupando una scuola, che non frequentando regolarmente le lezioni. Se figuri di tal genere sono i responsabili della scuola italiana, in che condizioni volete che  essa si trovi? Oggi nella nostra scuola ci si occupa un po’ di tutto, tranne che di insegnare e/o di imparare qualcosa: in altri termini essa è diventata una fabbrica gestita da asini e che produce soltanto asini. La soluzione? Bombardarla, raderla al suolo e spargervi sopra il sale. Poi ricostruirla, ripartendo da zero.

8Ordine pubblico- E’ diventato un optional dell’azione politica. Abbiamo governi che smantellano posti di polizia, riducono gli investimenti, tolgono l’esercito dalle strade (salvo poi rimetterlo a seconda degli umori) e partono dal presupposto che, oddio, l’ordine pubblico va anche bene, ma, se non c’è, bisogna solo adattarsi ed abituarsi al disordine. Poi ti sbandierano pure statistiche da cui risulta che i reati sono in diminuzione, dimenticando magari che ormai, con questi chiari di luna, la gente nemmeno va più a denunziarli i reati. Le conseguenze? Furti, scippi, appartamenti svaligiati, spaccio di droga alla luce del sole, occupazione abusiva di appartamenti e di interi edifici, isole di totale impunità ed interi quartieri in mano ai rom e agli immigrati clandestini, prostituzione selvaggia ed altro ancora. Inutile farsi illusioni: la situazione peggiorerà sempre di più.

9Terrorismo- E’ l’unico punto in cui l’Italia sembra (ma solo ”sembra”) avere qualche punto di vantaggio rispetto agli altri stati europei. In Italia negli ultimi anni non è accaduto nulla di simile, per mano del terrorismo islamico, a quanto è accaduto a New York, o a Parigi, Madrid, Nizza, Berlino e tante altre città. E la cosa appare tanto più strana, quanto più il nostro Paese è punto di approdo e di transito di una marea di clandestini, che nessuna Autorità si preoccupa di bloccare o almeno di contrastare e di controllare. E allora da che dipende? Dal fatto che siamo più bravi?! Che la nostra Intelligence funziona meglio?! Che la nostra magistratura è più severa?! Chi sostenesse simili tesi farebbe solo ridere. E allora perché? C’è qualcosa di oscuro in questa vicenda. I più malevoli suggeriscono la tesi, ampiamente provata nel passato, di un accordo più o meno tacito per cui l’Italia sarebbe risparmiata, in cambio di una totale impunità e tolleranza, se non protezione, dei terroristi. Altri sostengono che l’Italia, almeno per il momento, viene risparmiata perché essa costituisce il ventre molle dell’Europa ed il terrorismo ha tutto l’interesse a far durare il più a lungo possibile questa situazione. In ogni caso non penso che ci sia da stare allegri, anche perché la chiave è in mano ai terroristi, non certo in mano nostra.

10Irreversibilità- Nei precedenti punti ho volutamente utilizzato spesso le parole “allegria”, “allegramente”, quasi a voler sottolineare lo stato di serena incoscienza, o sottintesa premeditazione, con cui i nostri politici hanno condotto l’Italia nell’attuale situazione di caos e di ingovernabilità. Con un’aggravante. Che tale situazione non è più reversibile e che niente e nessuno, forse nemmeno un miracolo, potrà salvarci. Solo a voler fare qualche esempio,  il nostro debito pubblico ormai non è più sanabile. Non ci riuscirebbe l’EU, né la BCE, né il FMI, né nostro Signore, se decidesse di metterci mano. L’ immigrazione selvaggia non è più reversibile. Veramente qualcuno pensa di poter rimandare indietro i milioni di clandestini, specie musulmani, che ormai infestano l’Italia e spadroneggiano impunemente? E con quali mezzi li rimanderemmo indietro? Dove? Come? Quando?

A volte, quando osservo in giro, vedo che ancora i negozi sono aperti, più o meno, la gente va a lavorare, più o meno, le città vengono pulite, più o meno, il traffico scorre, più o meno, i semafori funzionano, più o meno. Ma quanto durerà ancora questo più o meno? Fino a quando permetteremo che duri questo stato di cose? Oppure ci accontenteremo che sia pulito il nostro orticello, che sia ben chiuso il nostro portoncino blindato, che a fine mese continuiamo a pagarci la nostra miserabile pensione o il nostro miserabile stipendio, che alle feste comandate possiamo continuare a farci i nostri miserabili regali e che per il resto tutto vada pure in malora?

Credo non sia il caso di farsi soverchie illusioni. Forse solo un atto di ribellione potrà salvarci. O, in totale alternativa, un atto di solidarietà. Un atto di solidarietà che ci derivi dalla consapevolezza della nostra comune appartenenza alla condizione umana, ad una condizione di sofferenza che ci affratella in un unico destino e che ci spinga ad un atto di comprensione, di generosità, di aiuto reciproco, di amore.

lunedì 26 dicembre 2016

AUGURI



Invio affettuosi auguri a tutti i miei familiari, parenti, amici vicini e lontani, a tutti gli Scaramuzzino disseminati nel mondo, a tutti coloro cui mi legano consuetudine di vita e comunanza di ideali. Auguri anche, e soprattutto, ai miei lettori,  che spesso trovano 5 minuti da dedicare alle mie modeste riflessioni. Chi invia gli auguri è Ezio Scaramuzzino,
Luogo: Universo,
Galassia: Via Lattea,
Sistema: Solare,
Pianeta: Terra,
Zona: Terre emerse,
Continente: Europa,
Stato: Italia,
Regione: Calabria,
Provincia: Crotone,
Comune: Crotone,
Strada: Viale Gramsci,
Numero: 154,
Piano: V°,
Stanza: Soggiorno,
Angolo: Primo a sinistra entrando,
Latitudine: 39,072490 N,
Longitudine: 17,130341 E,
Fuso orario: GMT+1
Ora: quella indicata da Google


sabato 24 dicembre 2016

Terrorismo, misteri e affari


Angela Merkel








Il terrorista islamico Amis Amri, autore della strage di Berlino, è stato ucciso a Milano in uno scontro a fuoco con la Polizia. Ovviamente la cosa fa piacere, ma trovo del tutto fuor di luogo i peana di alcuni esponenti politici. Non è che improvvisamente siamo diventati bravi, non è che abbiamo distrutto il terrorismo, non è che da oggi possiamo sentirci più tranquilli, anche perché una seria lotta al terrorismo richiede ben altri mezzi e soprattutto ben altra volontà politica: semplicemente abbiamo avuto una botta di culo.
Amri non è stato rintracciato  in un’azione di intelligence, non è stato scovato in un luogo nascosto, anche perché nessuno sapeva dove si trovasse. Semplicemente è stato rintracciato per caso, ad un normale posto di blocco, ad uno di quei tanti posti di blocco dove ti chiedono i documenti e poi ti lasciano andare. Avesse detto di aver dimenticato i documenti a casa, probabilmente sarebbe stato lasciato andar via con tante scuse. Invece ha reagito, si è tradito, ha tirato fuori un’arma, è stato ammazzato, come meritava.
Il fatto è di una linearità esemplare e ci induce ad essere orgogliosi e solidali con la pattuglia di polizia impegnata nel conflitto a fuoco e soprattutto con il poliziotto ferito nella sparatoria. Tutto qui. Ma la soddisfazione del momento non può esimerci dal fare alcune considerazioni.
Veramente riteniamo di aver fatto finora tutto il possibile nella lotta al terrorismo islamico? Veramente riteniamo di poter essere soddisfatti di qualche successo occasionale e di poterci sedere sugli allori? Veramente riteniamo di poter combattere il terrorismo islamico aumentando all’infinito il numero delle pattuglie e dei poliziotti impegnati? Ora si parla di creare alle periferie delle città delle barriere anti TIR, solo perché nelle stragi di Berlino e di Nizza sono stati utilizzati dei TIR. E il giorno in cui un terrorista dovesse nascondere  una bomba in  una carrozzina per bambini, che faremo? Creeremo delle barriere anticarrozzine? E poi creeremo delle barriere contro i furgoncini della Piaggio e così all’infinito, fino a rinchiuderci nelle nostre case e non uscirne più?
Un altro fatto che sconcerta è quello dei documenti lasciati da Amri nel TIR della strage di Berlino e che poi hanno consentito di identificarlo e di arrivare fino a lui. Non è la prima volta che succede una cosa del genere nelle vicende di terrorismo. Il che ci pone davanti ad un dilemma: o  dietro queste vicende ci sono alcuni aspetti oscuri ed inquietanti, che ignoriamo, oppure questi terroristi si sentono talmente invincibili nel loro delirio di onnipotenza, da non esitare a mettere quasi la loro firma sulle azioni che compiono. Ritengo sia il caso di approfondire questo aspetto del problema almeno a livello giornalistico, ma nessuno o quasi, che io sappia, sembra farci caso.
Ed infine non possiamo esimerci dal fare alcune considerazioni sulla Germania, sulla nostra cara e vicina Germania. Già la scomparsa del terrorista dopo un così grave fatto di sangue, come in una partita di guardie e ladri, aveva inferto un duro colpo al mito dell’efficienza teutonica e della sua insuperabile Polizia. I Tedeschi hanno brancolato nel buio per vari giorni, arrestando a casaccio varie persone, come in una repubblica delle banane. Poi, quando hanno saputo dell’uccisione del terrorista in Italia, hanno fatto buon viso a cattivo giuoco e si sono doverosamente complimentati con le nostre autorità.
Dall’altra parte  forse il nostro governo si è allargato un po’ troppo, rivelando in un momento di euforia i nomi dei poliziotti coinvolti, cosa gravissima, esaltando la nostra preparazione ed invitando tutti alla calma, quasi a voler dire “ghe pensi mi”. Non escludo nemmeno che Paolo Gentiloni, approfittando del momento favorevole, possa trovare un po’ di coraggio e magari chiedere ai Tedeschi la licenza di fare qualche altro debito, cercando di far dimenticare le nostre difficoltà economiche.
        Ed è anche presumibile che questa volta i Tedeschi saranno più indulgenti nei nostri confronti, eviteranno di farci la predica e  limiteranno le loro eterne lamentele nei confronti di questi Italiani spendaccioni e poco seri. Vedo già la Kanzlerine Angela Merkel, che, di fronte alle richieste di Gentiloni, dapprima cercherà di darsi un tono, poi chiuderà un occhio, magari tutti e due, infine allargherà la bocca in un largo sorriso e dirà: “Jawohl”.

     P.S. Ho dovuto ricostruire a memoria il post, dopo che improvvisamente mi è sparito sul blog. Non so che spiegazione dare. E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere.

mercoledì 21 dicembre 2016

L'ultimo cinepanettone: Natale a Berlino

        Ancora un attentato islamico, questa volta a Berlino. Non è il primo, non sarà l’ultimo, purtroppo, finché in Occidente una classe politica ignobile, indecente e forse collusa favorirà l’invasione in atto. Si piangono i morti, si depreca quello che è avvenuto, si usano le eterne parole di circostanza che da circa venti anni ormai si riproducono stancamente sulla bocca dei vili e dei folli. Non se ne può più, né io ho voglia di ripetere le solite recriminazioni che ormai sono buone soltanto ad alimentare un senso di nausea  e di ripulsa.
Non voglio però tralasciare di sottolineare un aspetto del problema che trovo particolarmente significativo e degno di attenzione. Fate caso al livello del dibattito, quando nei vari talk show televisivi si trovano a discutere o a polemizzare persone appartenenti al mondo occidentale ed esponenti più o meno variegati del folkloristico mondo dell’Islam. Se per un attimo si chiudono gli occhi, si ha come una regressione nel tempo e si ritorna a molti secoli addietro. A questo, tra i tanti regali, ci ha costretti l’Islam: a dover discutere di argomenti, di problemi, di fatti che l’Occidente considerava acquisiti per sempre nella coscienza comune.
Ed eccoci costretti a difendere i diritti delle donne, il rispetto per i bambini, lo spirito di tolleranza, la libertà di coscienza, eccoci costretti a difendere i diritti naturali ed inalienabili della persona, quei diritti che, almeno per noi occidentali, rendono essi soli la vita degna di essere vissuta. Si tratta di problemi ormai superati, che appartengono alla notte dei tempi e che già avevano avuto una prima sistemazione e soluzione nella civiltà giudaico-greco-romana. Poi abbiamo avuto il messaggio cristiano e su quelle basi, pur con qualche contrasto e qualche temporaneo passo indietro, lentamente ma inesorabilmente la nostra civiltà si è evoluta. Sicché abbiamo avuto la Rivoluzione copernicana e Galileo Galilei, con l’abbattimento definitivo del principio di autorità, e poi abbiamo avuto l’Illuminismo, il Positivismo, l’Idealismo, e siamo diventati quello che siamo.
Certo, abbiamo avuto anche i processi della Santa Inquisizione e le guerre di religione nel Seicento, ma sono cose di tanti secoli fa e, se ancora oggi ogni tanto anche noi Occidentali decidiamo allegramente di scannarci tra di noi, non lo facciamo certo perché crediamo al potere malefico delle streghe o perché riteniamo che il nostro Dio sia più Dio di quello degli altri.  
E invece ecco nei dibattiti ci ritroviamo spesso a doverci difendere da un Islam sempre più arrogante ed aggressivo, che non si fa scrupolo di ricattare, di intimidire, di minacciare apertamente e, sempre più spesso, di ricorrere all’omicidio e al terrore. Ne conseguono stragi continue, che sembrano ormai avere il ritmo incalzante di ciò che è considerato ineluttabile ed accettato quasi con spirito di rassegnazione. New York, Londra, Madrid, Parigi, Nizza, Berlino non sono più soltanto delle città, sono anche le tappe dolorose e vergognose di una guerra unilaterale, alla quale nessuno sembra voler porre seriamente rimedio.
L’Islam è una religione intrinsecamente violenta e sanguinaria, che esalta l’assassinio e considera martiri quelli, anche i bambini, che dovessero morire nell’esecuzione di tali assassinî. Non casualmente esso si ritrova diviso in tante sette, Sunniti, Sciiti, Alawiti, Wahhabiti e tante altre, in perenne lotta tra di loro e continuamente lacerate da stragi e da guerre sanguinosissime.
Ma, se finora i seguaci dell’Islam hanno avuto e continuano ad avere la buona abitudine di scannarsi  tra di loro, ora invece, già da molto tempo, hanno preso a riversare il loro odio su di noi occidentali e cristiani. All’attuale stato dell’arte, visto che papa Bergoglio, indaffarato evidentemente in problemi più importanti, si limita al minimo sindacale; visto che i nostri governanti in genere considerano l’invasione islamica dell’Italia una risorsa e non un problema; visto che l’aggressività islamica, lungi dall’affievolirsi, diventa ogni giorno più truculenta; ci è almeno lecito sperare che venga fuori qualcuno disposto seriamente a difenderci?

P. S. E’ Natale e ne approfitto per ringraziare della loro attenzione i miei lettori. Ad essi vanno i miei auguri più affettuosi.

lunedì 19 dicembre 2016

Jendu vinendu8: PD-Bergoglio

Del PD non si butta niente, come del maiale.

A sentire le notizie sulle vicende del Monte dei Paschi di Siena, viene da pensare che del PD non si butta mai niente, come del maiale del resto. Quando in Calabria si usava privatamente allevare il maiale e poi macellarlo, una volta esaurite le parti migliori per fare prosciutti, salsicce e soppressate, la carne meno pregiata non veniva buttata via ed era utilizzata per fare frittole, gelatine e risimoglie.
Qualche anno fa, precisamente nel 2014, l’Unità, organo del PD, fallì, lasciando un mare di debiti. Poteva il famoso quotidiano fondato da Gramsci scomparire? Non fosse mai. A parare ogni colpo, aveva già provveduto il governo Prodi, che nel 1998, previdente, aveva con una legge introdotto la garanzia statale sui giornali di partito. Avvalendosi di questa legge, il governo Letta sborsò 107 milioni di Euro, soldi nostri, salvando il giornale e rendendolo subito disponibile a fare altri debiti. Come in effetti sta avvenendo.
Ora è la volta di Montepaschi. La gloriosa banca, fondata nel 1472, nel corso dei secoli ha superato guerre, carestie, terremoti, epidemie, ma non aveva previsto l’avvento del PCI prima e del PD poi, che ne avevano fatto una sorta di proprietà privata. E’ notorio del resto che i vertici della Banca erano nominati direttamente da Botteghe Oscure e con il sentimento di impunità che derivava da tale affiliazione essi si erano dati ad un’allegra gestione, che ha ridotto l’Istituto nelle condizioni miserande che tutti conosciamo.
Ora Montepaschi è sull’orlo del fallimento ed in questi giorni sta cercando disperatamente di sopravvivere, senza ricorrere all’aiuto statale del resto espressamente proibito dalle norme comunitarie. I fondi privati non basteranno, eppure Montepaschi si salverà. Vogliamo scommettere? E’ già pronto un decreto del  Ministro Padoan, che aggirerà le norme comunitarie, regalerà a Montepaschi qualche miliardo di Euro dei nostri soldi e le consentirà di continuare la sua allegra gestione. Perché questi soldi non li fanno pagare al PD?

Il discorso di Papa Bergoglio

Papa Bergoglio non finisce di stupire. Di recente ha detto che Dio è stato crudele nei confronti di Gesù, avendolo fatto morire sulla Croce, tempo addietro ha esaltato la figura di Martin Lutero, in una famosa intervista ad Eugenio Scalfari ebbe a dire che non esiste un Dio cattolico. Qualcuno si chiede se per caso egli non rappresenti l’Anticristo, di cui parlano alcuni testi sacri, l’Anticristo che porterà all’estrema rovina quel che resta della Chiesa cattolica.
Personalmente non ritengo che si possa attribuire all’attuale Pontefice una tale, tremenda responsabilità. Sono più incline a ritenere che Papa Bergoglio, erede della teologia della liberazione di impronta marxista e di derivazione sudamericana, si sia trovato a gestire un compito molto più grande di lui, anche perché, per come si muove, per come parla, per quello che dà ad intendere, lui per primo dimostra di non credere ai grandi dogmi della Chiesa universale che gli è stata affidata.
Non mi meraviglierei più di tanto se qualche giorno, magari in una delle tante, famose udienze del Mercoledì, egli se ne uscisse con questo discorso:
Miei cari amici, vi ringrazio per essere venuti a farmi visita, ma non mi sento di continuare a prendere in giro voi e tutti quelli come voi, cresciuti ed educati nella dottrina e nella tradizione cattolica. È con grande rincrescimento che mi vedo costretto a dirvi che io sono soltanto un poveruomo e che quindi non sono il successore di San Pietro ed il rappresentante di Gesù Cristo sulla terra. Sono profondamente convinto che Gesù Cristo non era il figlio di Dio e che egli non è risorto tre giorni dopo la sua morte. Sono altresì convinto che Dio non esiste, che non esistono l’Inferno e il Paradiso, che l’anima non è immortale, che non esiste nessuna anima e che tutto finisce con la fine della nostra vita terrena.
Succederà un giorno tutto questo? Lo temo.

giovedì 15 dicembre 2016

Gianfranco Fini, il coglione.

Casa di Montecarlo. Fini e la nemesi della coglionaggine in politica.
Le rare occasioni in cui, guardando la televisione, mi imbatto nell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, mi prende la malinconia. Vedo un mio coetaneo un po’ troppo biondo e un po’ troppo abbronzato chiamato a dire la sua non si sa bene perché: non ha mai avuto un pensiero politico, non gli è stata mai riscontrata un’idea originale, da qualche anno a questa parte è un pensionato a tutti gli effetti e però evidentemente per gli ex politici, come per gli ex attori, il richiamo del palcoscenico è troppo forte.
L’ultima volta che l’ho visto difendeva le ragioni del No al referendum e lo faceva con la stessa sicumera con cui avrebbe potuto difendere quelle del Sì: l’importante è avere un copione.
Fini è stato la nemesi della Destra italiana e nella sua fine è in fondo scritto il suo principio. In un’intervista al Fatto quotidiano, di fronte alla scelta monegasca fra l’essere ritenuto «un coglione» o l’essere considerato «un corrotto», ha optato per la busta numero uno. Gli crediamo sulla parola, non fosse che un politico coglione spesso fa più danni di un politico che si limita a rubare.
Leonardo Sciascia faceva risalire la nascita del «cretino di sinistra» agli anni Sessanta, «mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare». Non aveva previsto però che trent’anni dopo, e avendo intanto celebrato di quel cretino la prevalenza e poi la decadenza, la legge del pendolo sarebbe andata a suonare l’ora della cretinaggine dall’altra sponda politica. Fini aveva tutto per incarnarla: parlava bene senza dire niente, era presuntuoso, era relativamente giovane, era sempre stato cooptato dall’alto, era cresciuto in un partito dove il cesarismo e il gregarismo la facevano da padrone. Era, ha scritto qualcuno, «il migliore dei suoi». E questo fa capire cosa e come fossero gli altri.
Una delle prove provate della coglionaggine in politica consiste nel ritenersi più furbi del proprio avversario, semplicemente perché lo si misura con il proprio metro, per di più taroccato. Fini scambiò se stesso per un professionista e Berlusconi per un parvenu: nella logica del «delfinato», l’unica che conoscesse e che avesse praticato, l’età e i guai giudiziari avrebbero fatto il resto… Il risultato fu che Berlusconi gli mangiò, letteralmente, il partito e l’altro finì (un verbo che sta per un nome) per lasciarsi irretire da una politica bizantina di palazzo dove il meno esperto aveva alle spalle un quarto di secolo di intrighi. Non c’era partita, insomma.
Nemesi della Destra, si diceva prima. Mai da quando questa parola ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità, ha smesso di avere un senso. Come leader di partito, Fini fu il becchino del suo mondo. Lo fece vincere, ma seppellendolo. La conquista del potere trasformata in potere che dà la conquista, pura e semplice, senza complicazioni di sorta, senza un motivo, un sentimento, un pensiero. Il grado zero della politica, o il degrado, fate voi.
In politica la «coglionaggine» significa anche provincialismo. Se ne sta accorgendo a sue spese Matteo Renzi, reo di aver scambiato Rignano sull’Arno per la Firenze dei Medici e aver confuso Calandrino con Lorenzo il Magnifico. Nel caso di Fini è stata letale: non c’era uso di mondo, ci si ritrovava a fare il ministro degli Esteri senza mai essere andati oltre Anzio, ci si compiaceva di fare il sub immergendosi in acque vietate, ci si beava di salotti e rotocalchi, ci si illudeva sull’amore e sulla paternità a cinquant’anni e su questo tema non andiamo oltre per una questione di stile. Tutto questo, paradossalmente, finì per fare di lui non tanto un odiatore di se stesso, quanto del mondo da cui proveniva e in cui si era completamente formato. Si illuse che distruggendolo e disprezzandolo venisse fuori un altro io, un leader diverso. Solo che sotto quella camicia nera buttata nel cestino dei rifiuti c’era il nulla.
La vicenda di Montecarlo è esemplare non solo per la «coglionaggine» del leader, ma anche, e forse dovremmo dire soprattutto, per quella dei suoi supporter e difensori dell’epoca, intellettuali più o meno intelligenti, politici più o meno navigati, pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo, a superare cioè in coglionaggine lo stesso numero uno. Non era vero, era un complotto, una congiura, un’arma politica… Gente che per anni lo aveva criticato, salvo poi allinearsi nel momento del suo massimo potere, per proprietà transitiva lo investiva ora dei propri desideri: una destra nuova, presidenzialista, legalitaria e/o giustizialista, anche, perché no, ecologista…
Si sa che la storia quando si ripete trasforma il dramma in farsa. Dove c’era un cognato, adesso scopriamo anche un suocero, dove c’era una moglie «colpevole» in fondo di avere un fratello, scopriamo una moglie proprietaria della casa del fratello, dove c’era un’archiviazione della magistratura scopriamo una cooptazione del relativo magistrato come sottosegretario nel governo Monti appoggiato dal partito finiano, dove c’era un uomo politico, scopriamo un… Scegliete voi la definizione. E mettiamoci una pietra sopra.
Stenio Solinas
da "Il Giornale"


lunedì 12 dicembre 2016

Paolo Gentiloni


E’ il nuovo Capo del Governo. E’ lontano discendente di quel conte Gentiloni che nel 1913 favorì il patto tra Cattolici e Liberali che da lui prese nome. A parte la discendenza nobiliare, nel suo pedigree non c’è null’altro di rilevante e come Ministro degli esteri nel precedente Governo quasi non ha lasciato traccia, a parte un grottesco voto di astensione all’Unesco sull’identità ebraica di Gerusalemme e da lui giustificato come semplice adeguamento ad una precedente tradizione. Già la giustificazione dice tutto del personaggio: incolore, anonimo, modesto, con qualche difficoltà di esposizione e proprio per questo scelto da Renzi, quasi a voler significare che la politica estera l’avrebbe gestita lui, come in effetti poi è avvenuto.
Gentiloni governerà  cercando solo di non fare danni ed in attesa di passare la mano. Non penso che abbia la voglia o la pretesa di lasciare tracce e, soprattutto, di passare alla storia. Oltre tutto la nuova compagine governativa è il risultato della evidente precauzione di non discostarsi troppo dalla precedente, a parte lo spostamento di Angelino Alfano agli Esteri, cosa che comporta comunque qualche rischio, perché consentirà di far conoscere meglio all’estero la pochezza di questo vergognoso personaggio, la cui nefasta influenza era finora limitata entro i confini nazionali.
Gentiloni vivacchierà sotto i diktat della Merkel (pardon, della UE), farà aumentare il debito pubblico, continuerà a riempire l’Italia di clandestini fino all’inevitabile sbocco di una guerra civile strisciante e sempre più incontrollabile, preparerà, o cercherà di preparare, una nuova legge elettorale, che possa danneggiare il M5S e nel contempo possa favorire il suo partito. Ma non penso, qualunque cosa faccia, che egli possa impedire quello che ormai sembra scritto: le elezioni del 2018 sono prossime, non c’è Mattarella di sorta che le possa rinviare  e con questi chiari di luna, con questo irresponsabile agitarsi dei pagliacci e delle marionette sul teatrino della politica,  il M5S vincerà le prossime elezioni politiche e l’Italia finirà di esistere.
P.S. In data 13/12/2016 il giornale Italia Oggi fa sapere, dopo aver consultato  Il libro d'oro della nobiltà italiana, che nella famiglia Gentiloni il titolo di conte compete solo al primogenito. E, siccome Paolo Gentiloni non è primogenito, il titolo di conte,  che egli si lascia attribuire, è illegittimo.
Lo stesso giorno il sito Dagospia fa sapere che il neo ministro della Pubblica Istruzione Valeria Fedeli non è laureata e che quindi la Laurea in Scienze Sociali che ella si autoattribuisce sul suo sito istituzionale comporta il reato di millantato credito.
Se il buongiorno si vede dal mattino...

lunedì 5 dicembre 2016

Renzi: arrivederci o addio?

Alle ore 23 di ieri sera esce la prima proiezione sulla base degli exit poll: 60 a 40, la forbice è troppo alta ed è fatta per il NO, in ogni caso. Verso mezzanotte Matteo Renzi fa la sua prima dichiarazione ufficiale. Appare abbastanza sorridente, ma per la prima volta, da quando è apparso sulla scena, non parla a braccio come sempre e legge dei fogli: segno evidente di incertezza e forse anche di imbarazzo. Non so se si aspettasse la sconfitta, per di più con percentuali clamorose, ma certamente la batosta deve essere stata forte anche per un tipo come lui, capace di simulare e di dissimulare.
Accetta chiaramente il risultato, sottolinea i suoi errori, assume su di sé in prima persona il fardello della sconfitta. Preannunzia, come da copione, le sue dimissioni e la sua indisponibilità per ulteriori responsabilità politiche. Ricorda qualche merito del suo Governo, dimentica o fa finta di dimenticare qualche aspetto poco lusinghiero, come l’aumento crescente del debito pubblico ed il drammatico e non più tollerabile problema dei clandestini. Tutto sommato, però, il suo è un discorso dignitoso, onesto, che riscatta in parte l’arroganza ed il bullismo di tanti suoi discorsi precedenti. Sotto certi aspetti egli appare persino umile e dimesso.
Noi, che abbiamo votato No, gli rendiamo l’onore delle armi e non ci sentiamo di infierire più di tanto su una persona in evidente crisi politica e di immagine.
Al momento in cui scrivo non è dato sapere come andrà a finire e non si può escludere in assoluto un reincarico. Riesce difficile immaginare che Renzi voglia ritirarsi dalla vita politica, come pure in qualche occasione aveva ostentatamente detto, nel caso avesse perso il referendum. E’ ipotizzabile che egli possa sdegnosamente tenersi un po’ in disparte, quasi a volersi vendicare dell’ingratitudine umana, pronto al grande rientro tra qualche tempo. Una vacanza certamente non gli farà male: avrà modo di studiare, di approfondire e di capire un po’ meglio come funziona il mondo. Poi rientrerà, quando avrà capito che i suoi avversari politici non sono necessariamente un’accozzaglia, che chi si permette di parlare contro di lui in Parlamento non è necessariamente una nullità, che chi non la pensa come lui in tema di immigrazione clandestina non è necessariamente una bestia.
Intanto, nell’attesa che egli possa riprendere in mano qualche libro, oggi pomeriggio ci sarà l’ultima seduta del Consiglio dei Ministri, nella quale, come da prassi, ci saranno i saluti di commiato e anche in questa circostanza  Renzi leggerà un breve discorsetto. Lo abbiamo saputo dalla nostra fonte segreta a Palazzo Chigi, che non soltanto è riuscita a venire in possesso del testo, ma ce ne ha fatto anche dono con l’esplicito invito a pubblicarlo, cosa che facciamo volentieri, convinti di fare cosa gradita ai nostri affezionati lettori. Ecco il testo:
Cari amici, sapete già come sono andate le cose e sapete certamente quel che ho detto in proposito. Abbiamo perso, anzi siamo stati travolti ed è arrivato il momento di preparare gli scatoli e di levare le tende. Mi spiace che sia finita così, ma non si può andare contro la volontà degli elettori, specie quando essi si esprimono in maniera così chiara e netta. Mi spiace soprattutto per te, Angelino. Io non potrò mai dimenticare quello che hai fatto per me, quando hai abbandonato il tuo partito insieme con tanti tuoi amici e al Senato hai consentito al mio Governo una prima sopravvivenza. La stessa cosa dico anche a Denis, pur non presente, quando ha fatto la stessa cosa di Angelino e mi ha consentito una seconda sopravvivenza. Non finirò mai di ringraziare entrambi, ma è arrivato il momento che vi diate da fare per consentire adesso la sopravvivenza politica di voi stessi. Ringrazio anche tutti i componenti del Governo, che mi hanno seguito da Firenze fin qua. E’ stata per tutti noi una bella e meravigliosa avventura. Siamo partiti tutti insieme, quasi sorreggendoci per mano, dalle  prime partite al calcio balilla, quando eravamo boy scout, per passare poi agli aperitivi  ed agli apericena nei bar di Piazza della Signoria, fino ad arrivare tutti insieme a Roma ed al Governo. Ringrazio in particolare te, Maria Elena: senza il tuo aiuto non so che cosa avrei potuto fare. Abbiamo cambiato vita, abbiamo girato il mondo con l’aereo presidenziale, siamo vissuti intensamente, giorno per giorno, quasi increduli che il nostro sogno fosse diventato realtà. Grazie anche agli altri, grazie a tutti voi.

mercoledì 30 novembre 2016

Dies irae


Negli ultimi quindici giorni prima del referendum, i pronostici sono vietati. E’ vietato diffonderli, non è vietato farli, dal che si deduce che gli addetti ai lavori li conoscono, gli altri no. Da quel che si stampa e si legge in giro, pare che il SI’ sia in rimonta sul NO, dato in precedenza in largo vantaggio. Che cosa ha determinato questa rimonta, ammesso che sia vera?
Io ho già detto per quali motivi, tecnici e politici, voterò serenamente e convintamente NO e non intendo ritornare sull’argomento. Ma non mi va di tralasciare un aspetto della questione, che negli ultimi giorni sta diventando di particolare rilievo. Mi riferisco al clima di autentico ricatto e terrore che la banda del SI’ sta diffondendo, purtroppo, tra gli elettori più distratti e magari non particolarmente informati.
Non bastavano i tentativi di autentica truffa perpetrati dal Governo italiano per accaparrarsi il voto degli Italiani all’estero; non bastava l'ossessionante campagna fatta dal Governo con i soldi pubblici, quindi anche con i soldi di coloro che la pensano diversamente; non bastavano  i milioni di lettere fatte trovare nelle cassette degli elettori, non si sa se con i soldi del PD o con quelli dell’Erario; non bastava la mobilitazione impressionante di tutti i galoppini e di tutti i parassiti abituati a mangiare con il denaro pubblico; non bastava l’accaparramento di tutte le reti RAI, ormai asservite ad un solo padrone e dimentiche della loro funzione di servizio pubblico. No, non bastava tutto questo.
Da qualche giorno ed in vista del rush finale, quelli del SI’ hanno perso ogni ritegno ed hanno deciso di giocare ancora più sporco. Ha incominciato a tirare la volata (e poteva essere diversamente?) Matteo Renzi, adombrando l’ipotesi che con un’eventuale vittoria del NO sarebbe stato difficile formare un nuovo Governo. Dal che si deduce che egli si considera un redivivo Luigi XV, re di Francia, che alla vigilia della Rivoluzione Francese amava ripetere “Dopo di me il diluvio”. La vittoria del NO, unito al suo conseguente, sdegnoso rifiuto di qualunque forma di collaborazione, apporterà, secondo lui, un periodo di instabilità politica, di confusione, di smarrimento, di marasma: l’Italia, sopravvissuta alla guerra perduta, al Fascismo, alla fine della Monarchia, al terrorismo, all’imperversare della mafia, non riuscirà a sopravvivere a lui.
Ha poi continuato il Ministro dell’Economia, quel Pier Carlo Padoan che avrebbe il compito istituzionale di tranquillizzare i mercati e tenere dritta la barra della situazione. Beh, lui è un tecnico prestato alla politica, lui non fa volgare propaganda, ma con il suo atteggiamento sornione del dire e del non dire ha lasciato intendere che con la vittoria del NO potrebbe instaurarsi un clima di sfiducia, un aumento del debito pubblico, una vendita massiccia di titoli di stato e, cosa che fa sempre un certo effetto, un aumento dello spread a livelli inimmaginabili (300,400, 500 ? Boh!)
Continuando su questo piano, c’è da aspettarsi di tutto. Quanto prima qualche autorevole esponente del governo, magari la Boschi, ci farà sapere che con una vittoria del No nel nostro Paese si verificheranno questi eventi:
1-ci sarà un crollo completo della Borsa, con piccoli azionisti rovinati, che per disperazione si lanceranno dalle guglie del Duomo di Milano;
2-ci sarà una corsa all’accaparramento di beni di prima necessità. La gente incomincerà ad accoltellarsi nei supermercati per impossessarsi dell’ultima busta di latte e dell’ultimo pezzo di pane;
3-le aziende chiuderanno e milioni di operai disoccupati sfileranno nelle strade, per poi dirigersi all’ora di pranzo verso le mense della Caritas;
4-centinaia di migliaia di Italiani si accalcheranno sulle coste della Sicilia nel disperato tentativo di trovare un gommone che li porti in Marocco o in Tunisia.
C’è da ridere? C’è da piangere? Fate voi.
Se questa è fantapolitica, torniamo invece alla politica e cerchiamo di capire realisticamente che cosa succederà invece in caso di vittoria del SI’:
1-il debito pubblico continuerà ad aumentare sempre di più. Fino a quando? Non lo sanno nemmeno loro. Aumenterà fino a quando i creditori internazionali e i grandi gruppi finanziari decideranno che è arrivato il momento di passare all’incasso e stringeranno la corda attorno al collo del Governo Renzi;
2-l’Italia continuerà ad essere invasa da centinaia di migliaia di disperati provenienti da tutto il mondo. Fino a quando? Non lo sanno nemmeno loro. L’ordine pubblico ed  il rispetto della legge saranno un lontano ricordo del passato.
3-Il boy scout cattolico, dopo averci regalato le unioni civili, approvate con voto di fiducia, ci regalerà il testamento biologico, le adozioni gay, l’eutanasia e l’uso libero della cannabis. Tutti questi progetti sono già in discussione nelle varie commissioni parlamentari in attesa di essere portati in aula dopo il 4 dicembre, dopo che sarà passata la tempesta. Un suggerimento: perché non pensare pure alla legalizzazione dell’incesto? Fa tanto chic.
Mi fermo qui.
Un premier non eletto avrebbe dovuto essere almeno un po’ più rispettoso nei confronti di coloro, che non hanno votato né per lui né per il suo programma. Invece, più cresce il NO nei sondaggi, più crescono la sua arroganza, il suo bullismo e il suo disprezzo verso chi osa esprimere opinioni contrarie alle sue.

Ma, per fermarlo nella sua rincorsa a trascinare l’Italia verso il baratro a ritmo di charleston, questa volta basta un NO.




martedì 29 novembre 2016

Sulla strada


Ho preso l’abitudine da qualche tempo di fare footing, generalmente tra le sette e le nove del mattino. Parto da casa mia, in viale Gramsci a Crotone,  ed arrivo alla Casa Rossa: sono quattro kilometri esatti, fatti due volte tra andata e ritorno. Mi mantengo in forma, consumo un po’ di calorie e perdo qualche Kilo. Tutto da guadagnare quindi, ma non è solo questo. E’ che ho incominciato a recuperare il ricordo ed il sapore di tante cose semplici della vita, che purtroppo il ritmo quotidiano sempre più frenetico mi aveva fatto perdere un po’ di vista.
Dopo qualche centinaio di metri, spesso incontro l’amica M. R. Ma non ci si può fermare più di tanto. Un rapido, affettuoso saluto e si riparte. Accelero il passo, perché ho voglia di battere ogni giorno il tempo di percorrenza. I primi giorni impiegavo due ore e venti minuti a percorrere otto kilometri. Sono poi passato a 2 ore esatte, poi a cento minuti, attualmente sono a 90 minuti.
Mi vengono  incontro tante persone e per lo più non so chi siano: giovani, giovanissimi, anziani , donne, uomini, alcuni a passo veloce, altri di corsa, la maggior parte da soli, alcuni in gruppi di due o di tre. Alcune coppie si tengono per mano, in atteggiamento affettuoso, altre, invece, camminano assieme, ma senza dialogare, come due monadi che solo per caso si ritrovano a breve distanza. Lungo i marciapiedi mantengo sempre la destra e m’incuriosisce molto l’atteggiamento di coloro che mi vengono incontro occupando la mia zona di transito. I timidi si scostano molto in anticipo, mentre altri non se ne danno per inteso, mi puntano e costringono me a scansarmi. Mi viene in mente l’episodio di Fra Cristoforo nei Promessi Sposi, che si conclude con un omicidio per una questione di precedenza.
Quando finisce il marciapiede e resta da percorrere solo la strada asfaltata, gli incontri si fanno più radi. Mi capita talvolta, in questo tratto, di veder arrivare in bici l’amico F. F., col quale mi trattengo volentieri a scambiare due parole. Avverto il gusto ed il piacere di un dialogo fatto di sensazioni e di umori ritrovati grazie ad un amico che sa cogliere gli aspetti  più intelligenti e più amabili della vita.
Poi continuo il mio percorso e gli incontri si fanno ancora più radi. Scanso le auto che sfrecciano veloci, ho tempo di posare lo sguardo sul paesaggio circostante. Due giovani muratori lavorano ogni giorno a rifare il muretto che delimita il Lido degli Scogli. Li saluto con un ciao ed essi ricambiano con piacere il mio saluto. La strada continua a scorrermi davanti, ho voglia di osservare nell’erba la piccola vita che si svolge tra le foglie e gli steli. Vedo molte lumache, specie dopo le giornate di pioggia. Ogni tanto ne prendo una, la tengo tra le mani, poi la libero dopo qualche centinaio di metri, a darle l’illusione di una vita che anche per lei è diventata più frenetica, dopo il mio incedere a passo veloce, che è stato per un po’ anche il suo incedere. Ad una curva un cane esce fuori da una casa isolata e si mette ad abbaiare contro di me. Più in là, nelle giornate di freddo intenso, un gruppo di passeri salta da un albero all’altro, alla ricerca di un cibo sempre più difficile da trovare con l'arrivo dell'Inverno. In aria un falco alto levato mi induce a qualche riflessione montaliana sul male di vivere.
Quando, da lontano, vedo apparire la Casa Rossa, ho l’impressione di essere un naufrago che vede da lontano il lido della salvezza. Accelero ancora, arrivo e, come ogni giorno, compio il rito di toccare una siepe. Il gesto per me è istintivo, come la consacrazione di un timbro che certifica il mio adempimento quotidiano.
Davanti alla Casa Rossa mi capita di vedere spesso un giovane in tenuta da lavoro, chiaramente un dipendente della struttura. Anche lui ovviamente mi nota e mi osserva. L’altro giorno, nel vedermi toccare la siepe, mi ha chiesto:
-Zio, ma perché toccate ‘sta siepe ogni giorno?
-Caro, gli ho risposto, ho fatto un voto.
-A chi, zio? Alla Madonna di Capocolonna?
-No, alla vita. Ciao.
Giro e prendo la strada del ritorno.

venerdì 18 novembre 2016

Zorba il Greco



C’è un video su You Tube che non mi stanco di rivedere.
Siamo in una cittadina canadese, dove il cielo è nuvoloso ed uggioso; tre artisti di strada si esibiscono con le loro chitarre; si avvicina un signore il quale chiede ai tre artisti se nel loro repertorio c’è anche la Danza di Zorba il Greco; parte la danza, il famoso Sirtaki reso popolare da Antony Quinn nel film omonimo; quel signore incomincia, lui solo, a danzare; alcuni passanti, chiaramente turisti,  si fermano a guardare, interessati, divertiti e curiosi; alla danza si uniscono dapprima due ragazze; poi si uniscono altri; dopo qualche minuto sono in centinaia a danzare e quelli, che non danzano, filmano con le loro videocamere. Alla fine da un bar vicino arrivano i piatti da rompere, secondo la tradizione greca.
E’ gente che non si conosce, che viene presumibilmente un po’ da tutto il mondo, ma che non esita, davanti ad altri sconosciuti, a lasciarsi coinvolgere dal fascino della musica e della danza. E’ un tripudio di gioia,  è la bellezza del vivere, è un inno alla vita. Lo spettacolo affascina, coinvolge  e commuove per alcuni aspetti.
 Ti viene da pensare che quel brano è greco e che greco è lo spirito di umanità che ne deriva. Pensi allo sfacelo economico che sta sconvolgendo e distruggendo la Grecia di oggi e pensi anche che lo spirito della civiltà greca, comunque, non morirà mai.

Per il video della Danza di Zorba, cliccare qui



martedì 15 novembre 2016

Viva il razzismo?

A volere parafrasare Carlo Marx, secondo il quale uno spettro si aggirava per l’ Europa del 1848 ed era il comunismo, anche oggi possiamo dire che uno spettro si aggira in Europa, ma soprattutto in Italia, ed è il razzismo. Anzi possiamo dire che, più che uno spettro, quello del razzismo è un vero e proprio tabù, che condiziona ed intossica il dibattito politico ed impedisce talvolta di arrivare alla soluzione dei problemi, di qualunque problema. Basta guardarsi un po’ attorno ed ascoltare quello che si dice, anche nei dibattiti televisivi, da quelli più popolari e ruspanti a quelli più sofisticati e con la puzza sotto il naso. Si è disposti ad accettare qualunque epiteto oltraggioso,  da “ sporco fascista” a “comunista di merda”, a “populista”, a “demagogo”, a “parassita”, “ladro”, ma non “razzista”, quello no, assolutamente no. D’altra parte nessun’ altra parola, nell’attuale dibattito politico, viene usata con maggiore insistenza o è più utilizzata con intenti polemici, quando non offensivi, condizionanti e ricattatori.
Ritieni che l’invasione dei clandestini sia un fatto intollerabile? Sei un razzista. Ritieni che l’Italia non possa farsi carico di tutti i problemi del mondo e dell’Africa in particolare? Sei un razzista. Ritieni che l’invasione vada bloccata o almeno regolamentata? Sei un razzista. Ritieni che nella distribuzione delle risorse gli Italiani vengano prima dei clandestini? Sei un razzista. Ritieni intollerabile che per il 2017 vengano stanziati dal governo italiano 3 miliardi per i clandestini e 500 milioni per i terremotati? Sei un razzista. E così via.
E’ anche interessante notare, nei dibattiti televisivi e in tutte le dichiarazioni relative, l’insopportabile ritornello di chi esprime le sue sacrosante proteste per questa vergogna continua e, quasi a volersi scusare o giustificare, premette sempre “io non mi sento razzista, io non sono razzista, non per essere razzista” . E allora è forse il caso di fare un po’ di chiarezza, almeno un po’, non si pretende altro.
Il vocabolario Treccani definisce il razzismo “Teoria e prassi politica e sociale fondata sull'arbitrario presupposto dell'esistenza di razze umane biologicamente e storicamente superiori e di altre inferiori”. Non vedo cosa c’entri tutto questo con l’atteggiamento della casalinga di Voghera o del pescatore di Goro e Gorino, che semplicemente vogliono vivere tranquilli a casa loro, sapere con chi hanno a che fare, non essere trattati dalle autorità come stracci, porre un argine all’invasione di clandestini che hanno scambiato l’Italia per il paese di Bengodi.
Pretendono troppo? Forse pretendono troppo nell’Italia di Matteo Renzi, ma non per questo possono essere scambiati per razzisti.
D’altra parte chi è favorevole all’invasione, e purtroppo non ne mancano nell’Italia del conformismo obbligatorio, non può pensare e pretendere di risolvere il problema sulla base del razzismo e dell’antirazzismo e tantomeno può pensare di chiudere la bocca a chi la pensa diversamente dando del razzista un giorno sì e l'altro pure.
Mi capita di vedere in TV personaggi della solita compagnia di giro e con la puzza sotto il naso, quelli che hanno il portafoglio strapieno, che abitano in ville e superattici esclusivi, che passano le vacanze a Capalbio, che sono soliti spostarsi in Maserati o con l’auto blu di rappresentanza, che votano naturalmente a sinistra, quelli che un nero lo assumerebbero al massimo come cameriere o maggiordomo. Orbene mi capita di vedere questi personaggi che socchiudono e arrotondano la bocca a culo di gallina, che puntano con l'indice (e con l'unghia laccata, se donna) l’avversario politico ed esclamano con la voce stridula e magari in falsetto e con l'erre moscia: “Tu sei un  razzista”.
Beh, se pretendere che ci sia un minimo di ordine e di tranquillità, che non ci siano oasi di impunità, che i clandestini vengano espulsi sul serio, che gli Italiani sfortunati vengano  trattati almeno alla pari dei clandestini, che questa invasione venga bloccata, che gli Italiani possano sentirsi un po’ padroni almeno a casa loro e che possano decidere chi avere come ospiti e come vicini di casa. Se, riassumendo, pretendere  queste cose significa essere razzisti, quando mi capita di vedere i tipi di cui sopra, con la bocca a culo di gallina, beh, non nascondo che mi viene un po’ la tentazione di gridare “Viva il razzismo!”.

venerdì 11 novembre 2016

Padrone e Sotto (racconto inedito) di Ezio Scaramuzzino

Il rione  Villetta a Scandale, negli anni 50, in un quadro di Nicola Santoro. Sulla sinistra si intravede il "biviere".

Sono vissuto al Paese fino all’età di 30 anni e, come ho già raccontato in altri testi ed in altre circostanze, ho dedicato molto tempo della mia vita al giuoco delle carte. Si giocava tanto allora, in attesa che il tempo e la vita sciogliessero il groviglio delle nostre speranze e delle nostre passioni ed in attesa che ognuno di noi potesse spiccare il volo verso altri lidi e verso altri destini.
Si giocava soprattutto a Poker, anche se questo giuoco era riservato alla notte ed ai luoghi privati; ma noi avevamo bisogno di giocare anche di giorno ed in questo caso il luogo deputato era il Bar Centrale, nella principale piazza di Scandale. Qui si giocava soprattutto a Terziglio e qualche volta, quando avevamo voglia di rilassarci e di giocare senza troppa fatica, non disdegnavamo di fare una partitina a Briscola o al più impegnativo Tressette.
In questo caso si giocava quasi sempre in sei, suddivisi in coppie, con i primi quattro che incominciavano la partita e gli ultimi due che subentravano alla coppia perdente, finché alla fine restavano due vincitori e quattro perdenti che pagavano da bere a tutti. Ma, a prescindere dalle vicende del giuoco, che non interessavano più di tanto, quello che maggiormente ci coinvolgeva era la fase finale dedicata alla bevuta, di birra per lo più, e che era regolata dal Padrone e dal Sotto.
Questi erano scelti e designati con un altro giuoco di breve durata, la Primiera, per cui chi otteneva il punteggio più alto diventava Padrone, mentre il secondo  diventava Sotto. Quest’ultima fase del giuoco aveva regole ferree, inderogabili, e, nella sua molteplice varietà di furbizie, ammiccamenti, spavalderie, rassegnazioni, sembrava quasi diventare una scuola di vita o almeno uno specchio, seppur deformato, della vita reale.
Il Padrone era padrone soltanto di una cosa: di bere lui stesso, quanto e come voleva e per tutto il resto dipendeva dal Sotto, che in tal modo finiva col diventare il vero arbitro della situazione. Solo il Sotto poteva proporre che bevesse lui stesso o qualcun altro, mentre il Padrone poteva solo replicare o controproporre e in tal modo, perché qualcuno potesse bere, era necessario il benestare di entrambi. Se qualcuno alla fine non era riuscito a bere nemmeno un goccio, si diceva che era rimasto “all’ombra”.
In questo scambio di inviti, finte proposte, giuochi di parole, ripicche e battibecchi si poteva sempre cogliere il riflesso delle antipatie personali, delle amicizie, delle invidie e non era raro il caso che ne nascessero dei rapporti improntati a inimicizia o a cordialità e stima reciproca, che poi avevano un seguito nella vita di ogni giorno.
Il giuoco era seguito anche dagli estranei, che apparentemente si limitavano ad assistere, ma che in realtà erano emotivamente coinvolti nel sottile gioco delle parti e nell’alterna fortuna di coloro che vi partecipavano.
Si vinceva o si perdeva, si beveva o si rimaneva “all’ombra”, ci si ubriacava qualche volta ed era comune opinione che era bravo soprattutto chi riusciva a far ubriacare qualcuno contro la sua volontà, perché gli inviti a bere non potevano essere rifiutati, oppure, meglio ancora, quasi senza che lui se ne rendesse pienamente conto.
Ai tavoli del Bar Centrale io ho preso le mie prime ubriacature, o “piche” come erano comunemente chiamate, e non mi ci voleva molto per ubriacarmi, perché, a differenza di quanto mi sarebbe accaduto in seguito, allora non reggevo l’alcool ed un paio di birre erano più che sufficienti per mandarmi in estasi.
Era allora parte del nostro gruppo Leonardo Audia, che non vedo da tanti anni e del quale conservo un grato e affettuoso ricordo. Noi lo chiamavamo anche Lusì (Lucie in francese) dal nome di un personaggio di Morti senza tomba, un dramma di Jean Paul Sartre, che noi, pur di fare qualcosa di diverso, avevamo deciso di rappresentare. Erano i primi anni ‘60, era la prima volta che al paese si faceva qualcosa del genere e noi, non riuscendo a trovare qualche ragazza disponibile ad interpretare l’unica parte femminile del testo, costringemmo quasi Leonardo a vestirsi da donna e ad interpretare il ruolo drammatico di Lucie, cosa che egli fece molto bene e con grande disinvoltura. Ma si tratta di una storia che mi riprometto di raccontare in futuro con ben altro fiato e con ben altro impegno.
Bene. Leonardo era un ragazzo estroverso, gioviale e spavaldo che non si tirava mai indietro quando si trattava di bere. Un pomeriggio, d’accordo con l’altro mio grande amico Romano Cizza, io Padrone e lui Sotto, lo costringemmo a bere qualcosa come 7 o 8 birre da mezzo litro. Leonardo bevve con apparente disinvoltura, ma, al momento di accomiatarci, ci accorgemmo che barcollava vistosamente.
-Facciamo quattro passi, ci chiese Leonardo;
-D’accordo, rispondemmo noi, per fargli passare la sbornia, o farlo “rifinare” come si diceva allora;
-Arriviamo almeno fino alla villetta, replicò Leonardo;
-Ma tu resta in mezzo al gruppo, concludemmo. E ci avviammo tutti. 
Io e Romano gli stavamo alle costole, per evitargli qualche caduta sul selciato, ma, giunti  verso le prime case del paese, Leonardo approfittò di una nostra disattenzione, scartò a destra e si diresse  decisamente verso il “biviere” colà posto, dove a sera  si abbeveravano gli asini di ritorno dalla campagna.
-Voglio solo sciacquarmi e rinfrescarmi un po’ la faccia, incominciò a protestare, gridando.  Ma non l’avesse mai fatto! Perse l’equilibrio, barcollò paurosamente e finì disteso nell’ ampia  vasca completamente ricolma d’acqua, dove lo ripescammo con qualche difficoltà.
Per fortuna non faceva molto freddo (si era a settembre) e Leonardo, inzuppato come un pesce, dopo aver aggiunto alla birra qualche abbondante sorsata d'acqua destinata agli asini, fu sistemato e trasportato a braccia. Ogni tanto si lamentava in uno stato di semiincoscienza e un paio di volte ebbe bisogno di rigirarsi e di lanciare dalla bocca una poltiglia che rischiò di colpire in pieno qualcuno di noi. Intanto si era formato uno strano corteo, con l’aggiunta di molti bambini, che si erano accodati con l’intento di fare caciara. Alcuni si affacciavano alle porte e alle finestre e, nel vedere quella insolita processione con Leonardo trasportato a braccia, chiedevano allarmati che cosa fosse successo. Poi fu il turno di Nonna Betta, che, avendoci visti passare ed avendo temuto il peggio, bloccò il corteo ed incominciò a piangere ed a gridare come un’ossessa, sicché ci toccò spiegarle qualcosa, riaccompagnarla a casa sua ed affidarla alla cura di una nipote, tra gli schiamazzi dei monelli.
Cercammo di tranquillizzare tutti insomma, facendo chiaramente intendere che si trattava solo di una “pica”, anche se solenne. Alla fine, come Dio volle, riuscimmo a portare Leonardo fino a casa sua tra la paura di alcuni di noi, ma anche tra i lazzi, le risate e gli sberleffi di tanti altri.
P.S. Io non so e non ho idea di dove si trovi, dove viva oggi Leonardo Audia. Se per caso egli si trova a leggere questo racconto, lo prego di mettersi in contatto con me, in qualunque forma, con un commento in coda al racconto o al link su Facebook. Ciao, Leonardo.
da facebook:
Domenico Franco · 5 amici in comune
Ti ringrazio di avermi riportato indietro piu' di mezzo secolo con il racconto , bello come una foto in bianco e nero di vita spensierata,leonardo purtroppo non e' piu' con noi
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Ezio Scaramuzzino Ti ringrazio di avermelo fatto sapere. Vorrei saperne di più, ma preferisco fermare la sua immagine per come essa è impressa nella mia memoria. Il mio racconto vale anche come un omaggio affettuoso ad un amico che non c'è più. Ciao.


 Il famoso "biviere" a Scandale in una foto by ros del 2012