lunedì 17 febbraio 2014

Vladimir Luxuria: Il coraggio delle proprie idee!


Vladimir Luxuria è andato/a alle olimpiadi invernali di Sochi, non per assistere alle gare, ma con l’intento di farsi arrestare. Dopo la recente trombatura alle ultime politiche, ormai Vladimir è un po’ out e, pur di far parlare di sé, è disposto/a a qualunque cosa. Questa volta ha inalberato un cartello che inneggiava ai gay, con la segreta speranza di essere arrestato/a dalla polizia russa e di crearsi quindi un alone di martirio. Ma gli/le è andata male, perché pare che la polizia si sia limitata a controllare i documenti nel più vicino commissariato ed a rilasciarlo/a subito dopo. Questo non ha impedito a Vladimir di protestare via Twitter e di montare il “caso”.

Curiosi questi nostri martiri!  Sono sempre pronti a fare la rivoluzione, ma pretendono di farla senza rischi e soprattutto senza fastidi di alcun genere. Anche un controllo dei documenti diventa un attentato ai diritti fondamentali e soprattutto un attentato alla libertà personale.

D’altra parte, nel caso di Luxuria, non mi sento nemmeno di infierire più di tanto, perché il personaggio è di un  certo livello e nel corso della sua attività politica si è sempre impegnato nella soluzione di problemi importanti. Ricordo che anni fa fu coinvolto/a in un problema  non secondario: se cioè la sua condizione di gay gli/le imponesse di utilizzare alla camera dei deputati le toilettes femminili o quelle maschili.

Quanto alla sua protesta anti Putin e pro gay, non è il caso di prenderla sotto gamba  o fare della facile ironia. Conoscendo il personaggio, non mi sento di mettere in dubbio la sua buona fede e  sono convinto che presto risentiremo parlare di lui. Magari prossimamente Vladimir andrà a protestare in Arabia Saudita, nel cuore dell’Islam, e farà un comizio davanti ad una moschea. Ne è capace e so che non ha paura. Gli/le consiglio soltanto, nel caso dovesse prendere una simile decisione, di fare il biglietto aereo di sola andata, perché, a fare anche quello di ritorno, ci rimetterebbe soltanto i soldi. 

domenica 2 febbraio 2014

Le voci del silenzio: Demetrio Barbuto


          Quando il giudice della corte d’assise di Crotone lesse la sentenza, mi cadde il mondo addosso. “Ergastolo”, per l’ omicidio di Violetta Bersi. Certo, io, io, il carabiniere scelto Demetrio Barbuto, di San Mauro Marchesato, l’avevo uccisa, ma non perché  fossi un assassino. Per troppo amore io l’avevo uccisa, per non vederla soffrire, perché Violetta era una creatura fragile, assetata d’amore anche lei, che viveva soffrendo e cercava di lenire la sua sofferenza amando gli uomini e a tanti concedendo una briciola, una scintilla del suo cuore infuocato. Io fui l’ultimo di questi uomini.

I giorni scorrevano lenti nel carcere di Catanzaro. Speravo di poter uscire un giorno,  di fare in tempo a rivedere i luoghi che avevano visto il nostro amore, di respirare l’aria che noi un giorno avevamo respirato. Ma fui colpito da un male che non perdona e mi rassegnai. Si nasce a fatica, si cresce a fatica, si vive a fatica e di solito si fa fatica anche a cedere. Però si cede lo stesso. Quando capii che era arrivato il mio ultimo giorno, chiesi soltanto di poter essere seppellito nel piccolo cimitero di Scandale, lo stesso dove era seppellita Violetta. Avevo scontato solo dieci anni di pena.

Ora sono qui, tra persone che non ho conosciuto o che ho conosciuto appena. La mia tomba è spoglia. Tanti, che sollevano lo sguardo ad osservare il mio ritratto in divisa, forse non sanno nemmeno chi io sia. Da qui vedo di scorcio, in lontananza, la tomba di Violetta. Anche la sua è spoglia. Sono passati tanti anni da allora e ad altri oggi è sortito l'assaporare  l’aura del giorno e i raggi del sole. Mi piacerebbe  poter godere soltanto di un po’ di luce, un po’ di luce…

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        Le voci del silenzio:Violetta Bersi

Violetta spensierata