Spero che tu sappia
ascoltare la voce delle mie mani. Fermati un attimo, mentre tutt’intorno sibilano i
cipressi mossi dal vento ed i pettirossi
infreddoliti si posano sui rami ad adocchiare gli ultimi bagliori del sole o a
riconoscere qualche esca tra gli sparsi cespugli in fiore.
Fermati un attimo. Come
quando eravamo fanciulli, quando tu passavi, e più spesso correvi, lungo la
salita di Viale Puccini ed io ti osservavo da lontano. Spesso ti fermavi e mi
osservavi anche tu, con i tuoi occhioni sgranati, mentre da dietro i vetri di
una finestra ti inviavo un timido segnale. Parlavano per me i miei occhi e le
mie mani e raccontavano i miei sogni di fanciulla, il mio cuore grande, i miei
progetti, infiniti come l’aria che respiravamo o il cielo che guardavamo.
Ma la mia vita è stata
breve ed i giorni sono passati senza che
gli occhi riuscissero ad esprimere a pieno quel ch’io sentivo in cuore, i rimpianti, quello che poteva essere e
che non era e non sarebbe più stato.
Continuano a morire e a rinascere le stagioni,
le messi, i fiori, ma tutto questo non avviene più per me.
Nella luce, che adesso mi
avvolge e nella quale vivo una vita che non avrà mai fine, non c’è più bisogno
di parlare e di spiegarsi. Qui tutto è chiaro ed immediato. Parliamo con la
mente e siamo pieni di gioia. Per l’eternità.
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