mercoledì 27 novembre 2013

The end

Non facciamo i distratti di fronte alla Storia

La crisi ci impedisce di capire che la giornata di oggi sarà ricordata nei libri di scuola. A differenza di tanti sedicenti protagonisti politici

La Storia si poserà come uno sparviero oggi sul Parlamento e sul nostro Paese. Fisserà col fermo immagine la scena e la porterà via con sé, insieme al protagonista. Una minaccia a lungo aleggiante sui cieli della politica, della giustizia e del nostro Paese, oggi planerà in aula e diventerà realtà. Un'epoca, un ciclo, una saga si concluderà dopo un prolisso, feroce, grottesco preambolo. Resterà negli annali questo mercoledì 27 novembre come il giorno in cui si chiuse in senso carcerario un'epoca: per la prima volta nella storia della nostra Repubblica un leader politico e un ex premier assai popolare sarà dichiarato decaduto e finirà in carcere o succedanei più o meno pietosi.
La Storia oggi si posa sulle spalle d'Italia, ma il Paese non se ne accorge, è distratto, e non felicemente distratto ma angosciato da una brutta crisi senza sbocchi. Un Paese estenuato, stanco di questo interminabile teatro, una commedia che vira al noir e forse al dramma, dopo lunghi e tempestosi preliminari. Vent'anni fa il popolo italiano vedeva finire una Repubblica, decadere un ceto politico, ma nutriva qualche fiducia che saremmo passati da una storia all'altra, ci sarebbe stato un futuro. Stavolta no, non intravede forze nuove e protagonisti futuri, nemmeno tra i magistrati, come invece accadde al tempo di Mani Pulite. Finisce l'esame di storia, ci resta solo quello di economia. La Storia ci passa sopra e accanto; e noi, spompati e sfiduciati, voltiamo la testa altrove. A casa ci aspettano le partite, la cena e la Iuc, ossia feste, farina e forca.
Forse neanche lui, Silvio Berlusconi, è del tutto consapevole della portata storica di questa giornata, è ancora troppo preso nella guerra, combatte, si difende, si appella, reagisce, si agita. È ancora troppo nella parte per riuscire a osservare la scena fuori dall'affanno del momento. Dal canto suo il Parlamento esegue con sordido fatalismo un percorso coatto, lo espleta come una pratica d'ufficio, doverosa e grigia, perché così è scritto nei cieli delle procure. Qualunque sia il giudizio su Berlusconi - giudizio politico, storico e umano - un fatto è certo: lui, che è l'unico a uscire di scena questa sera, sarà pure l'unico a restare tra i presenti nella Storia. Dico Storia a prescindere se sia poi considerata gloriosa o infame, tragedia o farsa, evento politico o giudiziario. Ma Storia.
Agli altri, alleati e nemici, sostenitori, mediatori e antagonisti, si addice l'oblio. Poco o nulla resterà di tutti gli altri, dal Capo dello Stato al Capo del governo, ai capi dei partiti e ai magistrati. Si ricorderà a stento qual era il governo in carica quando decadeva Berlusconi. L'unico sopravvissuto di questa fase infelice della storia politica e civile italiana sarà proprio l'unico condannato a uscirne, per decreto giudiziario. L'unico personaggio storico che reggeva il passo controverso della Storia è morto in maggio e si chiamava Andreotti.
Continuo a credere che non sarà l'ultimo atto del ventennio berlusconiano. Continuo a pensare che non finirà così, in modo indolore. Da tempo ho il presentimento che non sarà un happy end, ma qualcosa di tragico accompagnerà la conclusione di un'epoca pur così sfacciatamente votata all'ottimismo. Non credo alle guerre civili, ma non penso che finirà come una soap opera coi titoli di coda e la sigla di chiusura.
Se ci fosse qualcuno all'altezza della Storia, avrebbe la forza, il carisma, il coraggio e l'inventiva di cambiare il finale. Qualcuno capace di capovolgere il fatalismo e rimettere in moto l'Italia e la sua Storia. Ma, interrogato, il morto non rispose. Cosa davvero non perdonano a Berlusconi a tal punto da rendere necessaria, ineluttabile, la sua decadenza? Cos'è che un Parlamento, abituato da due Repubbliche a ogni abuso, corruzione ed estremismo, non sopporta di lui, a parte le convenienze politiche? Pensate davvero che un Parlamento malfamato in modo proverbiale, perfino agli occhi dei Simpson, sia spaventato per le accuse di corruzione, concussione e collusione o sia indignato per i giri sexy, i deputati di ventura e le cattive compagnie? Ma no, questo ceto politico ha storie alle spalle piene di queste cose, per non dire di altre ben più gravi: dalla svendita del nostro Paese all'asservimento a potenze straniere, anche avverse, dall'incapacità di governare alle tangenti, al voto di scambio, agli intrecci con la malavita e con l'estremismo... Figuratevi se con quel curriculum la politica si può spaventare del carnet di accuse a Berlusconi.
In realtà quel che la partitocrazia non sopporta di Berlusconi è il suo presentarsi sin dalle origini come il Corpo Estraneo, quello che non viene dalla politica, anzi la schifa, salvo restarne irretito e votato. E pure i grillini si accodano e si riducono a truppe cammellate della stessa partitocrazia che avversano. Proviamo a metterci nei panni dei suoi avversari. Se tra loro ci fosse un leader lungimirante inchioderebbe Berlusconi a una sua frase: sono costretto alla politica, preferirei occuparmi del Milan. Gli direbbe: se fai politica solo per difenderti noi ti solleviamo dall'obbligo e ti tuteliamo noi, a patto che tu poi sia conseguente, lasci la così disprezzata politica e ti dedichi al Milan. E poi direbbe agli italiani: eccolo, Berlusconi salvato dalla politica che detesta e rimandato come egli desidera negli spogliatoi... In quel modo, sì, lo neutralizzerebbero e ne uscirebbero alla grande. Non lo faranno. Sono nani, scartine e quaquaraquà. Alla Storia, nel bene e nel male, passerà solo lui, l'Imputato.

lunedì 25 novembre 2013

Destra e sinistra, oggi. Di Gianni Candotto.

Lo studio americano: a sinistra i più ottusi e intolleranti

Di Gianni Candotto, il  - # - 28 commenti
BERSANI-2Il bestseller “the Righteous mind” di Johnatan Haidt, docente universitario di psicologia sociale in molte università americane, di dichiarate tendenze liberal, ovvero di sinistra, scopre quello che Guareschi già diceva tanti anni fa: le persone di sinistra sono di solito più ottuse, estremiste, chiuse e intolleranti. Guareschi li disegnava con tre narici, violenti e pronti a cambiare idea appena arrivava il “Contrordine compagni!” dei capi del partito rosso, Haidt invece fa uno studio approfondito iniziato nel 2004 e conclusosi dopo migliaia di esperimenti con la pubblicazione del suo bestseller nel 2012. Certo Haidt dice di averlo pubblicato, non a caso è di sinistra, con lo scopo di aiutare la sinistra americana a non essere troppo chiusa e autoreferenziale e migliorare il partito democratico perché non sottovaluti la componente emotiva dell’elettorato.
Un altro scopo dichiarato del suo lavoro era capire come mai la destra prendesse più voti della sinistra tra gli operai, fatto che nella mentalità progressista dell’autore rappresentava un paradosso.
Una delle parti intuitivamente più semplici da capire di questo studio è il sondaggio proposto a 2000 americani che si definivano liberal (in Italia sarebbero a sinistra del PD) sui valori e le convinzioni dei conservatori: ne è venuto fuori un quadro paradossale dove le persone di sinistra avevano una visione caricaturale di quelli di destra visti come dei bruti, ignoranti, razzisti, omofobi. Lo stesso sondaggio fatto al contrario mostrava come i conservatori fossero estremamente più tolleranti e aperti a capire le opinioni degli altri. In poche parole molto più democratici. L’esperimento intuitivamente funzionerebbe anche in Italia. Il professor Haidt in questo vede la difficoltà dei liberal di capire i sentimenti dei conservatori, perché si è accorto che alcuni valori naturali che fanno parte della mente umana, come autorità, famiglia e senso del sacro vengono identificati con razzismo, omofobia e fondamentalismo religioso dai liberal, in particolari quelli più accesi.
Gli stessi liberal riescono a concepire solo tre fattori che sono radicati nella mente umana, cioè la salute, la libertà e l’equità, sui sei che secondo gli studi di Haidt compongono l’intelletto politico dell’individuo.
Mentre però per i conservatori libertà, salute ed equità sono valori accettati anche se declinati in maniera differente, per i liberal gli altri tre sono valori rifiutati tanto che al solo nominarli hanno reazioni pavloviane di rigetto.
Questa in sostanza la dimostrazione pratica della mancanza di elasticità mentale e apertura delle persone di sinistra. L’autore poi si sposta sulla pratica quotidiana sostenendo che internet ha peggiorato la mentalità degli estremisti, portandoli a leggere solo siti di informazione che si adattano alla propria mentalità. Se lo studio è intuitivamente plausibile, le soluzioni che propone tuttavia lasciano alquanto perplessi (è dopotutto un liberal anche lui), come quella di invitare le famiglie dei parlamentari a vivere a Washington perché imparino a scambiarsi opinioni tra famiglie di destra e di sinistra.
In Italia tale studio è stato tradotto con un titolo molto fuorviante: “Menti tribali: perché le brave persone si dividono su politica e religione”.
Senza leggere gli studi dei liberal americani, è sufficiente rivedersi le vignette di Guareschi.

Napolitano ricatta di Alessandro Sallusti

Napolitano ricatta

Il presidente Napolitano passa alle minacce. Chi scenderà in piazza mercoledì e magari nei giorni successivi che cosa rischia? La galera, il fermo di polizia, la schedatura come sovversivo?

Il presidente Napolitano passa alle minacce. Della grazia a Berlusconi - dice - non se ne parla neppure.
E fin qui, nulla di nuovo. Il salto di qualità arriva subito dopo. Se qualcuno vorrà manifestare contro la decadenza di Berlusconi - aggiunge l'inquilino del Quirinale - stia ben attento ai modi e alle parole. Siamo all'avvertimento, all'intimidazione. Perché, presidente, a che cosa dovremo stare attenti? Chi scenderà in piazza mercoledì e magari nei giorni successivi che cosa rischia? La galera, il fermo di polizia, la schedatura come sovversivo? Ecco, allora si accomodi fin da subito perché le dico già ora che lei è il capo di una cospirazione che sta cercando di sovvertire la volontà popolare. Lei è un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato. Lei vuole zittire milioni di italiani come ha zittito la Procura di Palermo che aveva trovato le prove delle sue malefatte. Lei ha il pallino di zittire i cittadini che manifestano per la libertà (le ricordo che ha sulla coscienza migliaia di ungheresi trucidati dai russi con il suo consenso morale e politico). Lei per scalzare Berlusconi ha comperato prima Mario Monti con la carica di senatore a vita, facendolo pagare a noi fin che campa. Fallita la missione ci ha riprovato comperando un pezzo della dirigenza Pdl, quello più debole, compromesso e ricattabile. Ha taciuto sulle nefandezze della magistratura, ha venduto il Paese a Stati esteri, Germania in primis. Noi non ci faremo intimidire dalle sue minacce. Lei è un golpista, perché usa il suo potere al servizio della vecchia causa comunista oggi rivista e corretta in salsa lettiana. Noi scenderemo in piazza, contro la magistratura, contro la sinistra e contro di lei che rappresenta il peggio di questo Paese. Che le piaccia o no dovrà ascoltare. Come ai tempi dell'ascesa di Grillo, dirà che non ha sentito. E allora urleremo più forte. Perché noi, a differenza sua e dei suoi tristi cortigiani, siamo uomini liberi.

domenica 24 novembre 2013

Una farsa chiamata giustizia di Giuliano Ferrara

Una farsa chiamata giustizia

Una mostruosa macchinazione giudiziaria espropria la democrazia italiana e lo Stato di diritto del suo significato

Sono piuttosto un realista che un apocalittico. Ma ora bisogna dirla tutta. Una mostruosa macchinazione giudiziaria espropria la democrazia italiana e lo Stato di diritto del suo significato.
Nessuno può tirarsi fuori dal giudizio. Nessuno può rifugiarsi, come fossero uno schermo neutrale, tecnico, dietro le surreali condanne nei processi Ruby1 e Ruby2 o al riparo delle procedure dell'accusa nell'imminente Ruby3 ovvero la devastante pretesa dei pm di Milano di estendere all'imputato e alla sua intera difesa, testimoni e avvocati, le accuse di ostruzione della giustizia e falsa testimonianza. Se c'è ancora un'Italia autentica e sensibile alla verità nell'opinione pubblica, nelle istituzioni, nella politica anche la più faziosa, è il momento che si levi una protesta forte e chiara contro una delle più infami vergogne della storia nazionale.
Berlusconi ha dato delle feste in casa sua, ha invitato delle ragazze e degli amici, gli amici lo hanno aiutato a comporre il suo harem burlesque, il suo privato divertimento, condividendolo. Berlusconi è notoriamente ricco e generoso, fa regali da sempre a destra e a manca, senza distinzione di rango, e con il circuito delle sue feste è stato come spesso gli succede regale e sciupone senza remore o rimorsi. Ha fatto una telefonata in questura, inopportuna sotto il profilo protocollare ma non concussiva, gentile e in prima persona, allo scopo di evitare a una delle sue ospiti la consegna a una comunità. Anche per disinnescare lo scandalo dovuto alla esibizione forzata del suo privato, ha inventato balle giocose, come quella della nipote di Mubarak. Bene. Queste sono tutte cose che rientrano nella dimensione privata, criticabile quanto a comportamento politico e civile di un uomo di governo e di Stato, ma non criminalizzabile.
Invece quel che ne è seguito, con mezzi d'indagine e una vocazione guardona e origliatrice da Stato di polizia, è precisamente la trasformazione di peccadillos da scapolo abbiente e da re di Arcore in reati infamanti che comportano anni e anni di galera. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. A dimostrare che al di là di ogni ragionevole dubbio siamo invece in presenza di reati penali da punire con la massima severità: regali alle ragazze e agli amici e una raccomandazione a un gentile funzionario di Questura da scambiare con anni di galera. A dimostrare che abbia un qualche senso una condanna per atti sessuali prostitutivi quando di questi atti non esiste prova alcuna, mentre nelle stesse motivazioni della condanna si dice bellamente che non è quello il problema, palpeggiamento in più o in meno. Sfido chiunque a dimostrare che sia parte di uno Stato di diritto e delle sue garanzie un tribunale che condanna su queste basi effimere e ambigue e poi trasforma gli atti difensivi, rinviandoli ai pm perché istruiscano nuovi processi, in un nuovo capo d'accusa a raggiera, una retata potenziale di testimoni che si trovano così in una pesante situazione di condizionamento e di pressione: o ammetti di essere stato un falso testimone e di aver collaborato con un'azione di inquinamento del processo oppure ti becchi la galera anche tu.
Una gigantesca gogna ha devastato l'immagine pubblica di un capo democratico, di un uomo della democrazia rappresentativa, un leader che ha vinto tre volte le elezioni e ha governato il Paese secondo le regole, altro che storie, ritirandosi in buon ordine anche quando avrebbe avuto diritto al suo appello al popolo che lo aveva stravotato nelle urne del 2008 (novembre 2011). Questo non è un caso personale, da tenere distinto dal resto, cioè dalla stabilità di governo (che palle che ci raccontano sul semestre europeo) o da qualunque altra circostanza. Se la democrazia sanguina, se si insinua un dubbio di fondo sul suo funzionamento imparziale, perché gli atti di giustizia si trasformano in una persecuzione personale, qualunque sia il giudizio sul perseguitato, sui suoi errori, e anche sulle sue colpe o sui suoi peccati, non si può dormire tranquilli.
Non tutti in questo Paese hanno bevuto la leggenda nera di Andreotti mafioso, di Craxi spolpatore delle finanze pubbliche per avidità, del doppio Stato reo di stragi infinite e di trattative collusive con i poteri criminali. Molti tra coloro che pure hanno combattuto per le loro idee e contro le classi dirigenti della vecchia Repubblica, e hanno mantenuto la loro autonomia di giudizio nella situazione che seguì alla sua caduta, hanno cercato di esercitare il giudizio critico sull'unico potere che da almeno vent'anni si considera al di sopra delle parti mentre agisce come parte in causa in una lunga guerra ideologica, quello dell'accusa penale. Questi italiani che non hanno portato il cervello all'ammasso dello spirito forcaiolo si facciano sentire. E anche i capi delle istituzioni, prima di tutti il garante della Costituzione e capo della magistratura, il presidente della Repubblica, non possono tirarsi fuori dal dovere di intervento e di correzione della grave stortura che si è prodotta.
Esprime il peggio della cosiddetta ideologia italiana, viltà maramaldesca, chi oggi si volta dall'altra parte, chi mette la propria antipatia e inimicizia politica verso Berlusconi, o anche soltanto la voglia di quieto vivere, davanti al dovere di giudicare una ignobile messinscena chiamata giustizia.

giovedì 21 novembre 2013

Con i fondi dell'eolico lotta al dissesto DI FRANCO BATTAGLIA

Dal 2007 a oggi duecento miliardi sottratti alla cura degli argini dei fiumi e alle opere di prevenzione.

Correva l'anno 2000, precisamente era il 18 ottobre, quando apparve sul Giornale l'intervista che mi aveva fatto Giancarlo Perna.
L'apprezzato giornalista era venuto a trovarmi nel mio studio all'università (allora a Roma) come fossi una specie di matto, visto che in una serie di articoli denunciavo la frode ambientalista che era allora nel suo pieno vigore. Ma - disse Perna - possibile che di tutte le paturnie dei Verdi, di Wwf e di Legambiente, dalle lotte a elettrosmog, nucleare, ogm, polveri sottili, riscaldamento globale, alle promozioni dell'agricoltura biologica, dell'energia eolica e dei pannelli fotovoltaici, non gliene va bene una, professore? Ci sarà pure una qualche emergenza ambientale. Sì, risposi, il dissesto idrogeologico. Naturalmente non v'era - né v'è ragione - perché io fossi ascoltato o preso in qualche considerazione. E infatti così fu.
In questi 13 anni, sono stati ascoltati i geologi che per pochi tozzi di pane si sono venduti. I prodi professori al governo hanno dato la patacca di ministro ai Pecoraro-Scani, i Realacci sono diventati onorevoli, e gli attivisti venditori di fuffa ambientalista sono fermati solo in Russia. La merce che tutti costoro ci hanno venduto è stata questa: quando il clima fa i propri capricci rammentate che la colpa è vostra, e dovete rimediare installando pale eoliche e pannelli fotovoltaici. E pazienza se è roba che andrebbe venduta in gioielleria, ma è il prezzo che dovete pagare se volete combattere i cambiamenti climatici. Vi sembra che sto esagerando? No. Sulla Gazzetta di Modena (gruppo Espresso- Repubblica) di ieri 20 novembre leggo questo titolo: «Aiutare il clima non è solo un'utopia, è davvero facile». Come? Installando pannelli solari, veniamo informati. Che è poi quel che stiamo facendo dal 2007, cioè dalla prima finanziaria di Prodi che, ministro Pecoraro-Scanio, predispose le cose affinché ci indebitassimo per 200 miliardi solo sul fotovoltaico. La motivazione? Combattere i cambiamenti climatici.
Duecento miliardi che, sottratti alla cura degli argini dei fiumi, alla costruzione di appropriate casse d'espansione, e a tutto quanto suggerirebbe il buon senso in ordine alla protezione dei territori ove viviamo dalla forza di eventi naturali che la storia registra dai tempi più immemorabili, non hanno potuto risparmiare, alla Sardegna oggi, a Brescia ieri, a Genova l'altro ieri, a Sarno ancora prima, il disastro. O almeno mitigarlo. Questi falsi profeti ci hanno ripetuto per vent'anni che per proteggere la nostra casa in montagna dal peso della neve non bisogna costruire tetti spioventi ma bisogna spendere le nostre non infinite risorse per non far nevicare. Quando smetteremo di ascoltarli? Quando li isoleremo? E, soprattutto, quando rendiamo fuori-legge i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche?

FRANCO BATTAGLIA


giovedì 14 novembre 2013

Non rimarrà nulla dell'Italia



Allarme della London School of Economics: “Non rimarrà nulla dell'Italia”.
 
Nel giro di 10 anni del nostro Paese non rimarrà più nulla. O quasi. E' la conclusione catastrofica cui giunge nella sua analisi il professore Roberto Orsi della London School of Economics and Political Science (LSE). Che cosa ci sta portando alla dissoluzione e all'irrilevanza economica? Una classe politica miope che non sa fare altro che aumentare le tasse in nome della stabilità. Monti ha fatto così. E Letta sta seguendo l'esempio. Il tutto unito a una "terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa".
L'ANALISI DI ORSI
“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come al caso perfetto di un Paese che, in soli 20 anni, è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale ad una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampante terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico e istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi da tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.
Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse) +0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.
Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo quello della Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che negli ultimi decenni ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.
La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE, sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono certa la scomparsa completa della nazione.
L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo, insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati del lavoro, le aziende troveranno un vero Stato pronto a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento, organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino, hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.
La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati, che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.
L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, da burocrati di diversi ministeri chiave e dalla Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire a qualsiasi costo la stabilità dell'Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici, sia il Parlamento, a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordinamento repubblicano. L’interventismo del Presidente è stato particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.
L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.
In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia intesa come nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o la Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.

I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”

martedì 5 novembre 2013

Le voci del silenzio: Rosina Coniglio


Spero che tu sappia ascoltare la voce delle mie mani. Fermati un attimo, mentre tutt’intorno sibilano i cipressi mossi dal vento ed  i pettirossi infreddoliti si posano sui rami ad adocchiare gli ultimi bagliori del sole o a riconoscere qualche esca tra gli sparsi cespugli in fiore.

Fermati un attimo. Come quando eravamo fanciulli, quando tu passavi, e più spesso correvi, lungo la salita di Viale Puccini ed io ti osservavo da lontano. Spesso ti fermavi e mi osservavi anche tu, con i tuoi occhioni sgranati, mentre da dietro i vetri di una finestra ti inviavo un timido segnale. Parlavano per me i miei occhi e le mie mani e raccontavano i miei sogni di fanciulla, il mio cuore grande, i miei progetti, infiniti come l’aria che respiravamo o il cielo che guardavamo.

Ma la mia vita è stata breve ed i  giorni sono passati senza che gli occhi riuscissero ad esprimere a pieno quel ch’io sentivo in  cuore, i rimpianti, quello che poteva essere e che non era  e non sarebbe più stato. Continuano a morire e a rinascere le stagioni,  le messi, i fiori, ma tutto questo non avviene più per me. 

Nella luce, che adesso mi avvolge e nella quale vivo una vita che non avrà mai fine, non c’è più bisogno di parlare e di spiegarsi. Qui tutto è chiaro ed immediato. Parliamo con la mente e siamo pieni di gioia. Per l’eternità.