sabato 5 ottobre 2013

Le voci del silenzio: Giovanni Valente


Ti rivedo dopo tanti anni. Eri un bambino allora e ricordo quel giorno, c’eri anche tu, quando nel frantoio di tuo padre, Flavio, che era tuo cugino,  cadde nell’olio. Dalle presse uscivano insieme acqua e olio e alla separazione provvedeva lui che di tale arte era considerato un maestro. Anche quel giorno  Flavio prese il suo inseparabile piattino separatore, che egli manovrava con l’abilità di un equilibrista, e scese  verso il pozzetto.
Fu un attimo: perse l’equilibrio, scivolò sui gradini unti di olio ed emise  solo un grido:” Zio Ciiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii”. Accorremmo tutti. Si intravedeva solo la testa di Flavio, che fuorusciva appena  dal pozzetto pieno d’olio. Qualcuno gridava, qualcuno si metteva le mani nei capelli, qualcuno si diede da fare per salvare “il naufrago”. Che alla fine fu tirato fuori: sembrava un salsicciotto unto d’olio e pronto per essere arrostito sulla graticola. Ma aveva gli occhi sbilenchi e sembrava incapace di parlare.
Tuo padre mi disse di togliergli i vestiti, del tutto inzuppati  e dai quali si potevano recuperare almeno cinque litri di olio. Alla fine “il naufrago” fu disteso per terra, completamente nudo, e posto vicino ad un grande braciere. Il calore sembrò farlo rinvenire, perché lentamente egli sollevò la testa, si guardò attorno, emise un rutto lungo e fragoroso ed espulse dalla bocca uno spruzzo d’olio che mi colpì in pieno.
Quel giorno si rise molto e tutto si risolse bene, a parte una potente diarrea, che costrinse il malcapitato a restare a casa per qualche giorno.
Allora anche io lavoravo nel frantoio:  guadagnavo poco, ma spendevo anche poco e  mi consideravo fortunato, perché d’inverno avevo il lavoro garantito e non ero costretto ad emigrare come tanti. Adesso siamo tutti qui: io, tuo padre, Flavio. Quei giorni sono ancora vivi nella nostra memoria. Ogni tanto ne parliamo. E sorridiamo. 

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