venerdì 13 agosto 2010

A proposito del “nostro “ presidente della Repubblica

A proposito del “nostro “ presidente della Repubblica. Quello che, alla tenera età di 31 anni, quando si è appena messo il dente del giudizio, plaudiva alla fucilazione dei patrioti ungheresi e poi, a distanza di tempo, è andato a porre corone di fiori sulle tombe dei fucilati.

Una volta, nel Medioevo, era rischioso per chiunque mettere in dubbio ciò che aveva detto Aristotele. Esisteva allora l’”Ipse dixit”. “L’ha detto lui”, affermava l’aristotelico di turno e con questa frase zittiva tutti. Si poteva replicare solo a proprio rischio e pericolo, a volte anche pericolo della vita.

A distanza di secoli si ha l’impressione di essere ripiombati in un nuovo Medioevo ed in un nuovo “ipse dixit”. Se una cosa la dice o la fa il nostro ineffabile presidente, non si può dire eventualmente che si tratta di una stronzata. Pare che la carica di presidente della repubblica attribuisca automaticamente il dono dell’infallibiltà, per cui è diventato obbligatorio credere ciecamente a quello che dice. 

Succede quindi che, se nell’esercizio delle sue funzioni egli manda a morte Eluana Englaro, pare non si possa dire che egli è semplicemente un assassino. Succede che, se egli auspica la fine della persecuzione dei giornali contro Fini, ma non ha nulla da dire sull’eterna persecuzione dei giornali contro Berlusconi, non si può dire che egli è un fazioso e miserabile veterocomunista. Succede che, se egli teme l’incognita di nuove elezioni, ma non teme l’incognita di un vuoto di potere derivante da un ribaltone, non si può dire che egli è politicamente schierato a favore di tutti i parassiti della scena politica italiana.

Una volta il Romano Pontefice godeva del dono dell’infallibilità. Oggi non se ne parla più. Ma per caso il nostro(si fa per dire) presidente, oltre ad essere diventato l’Aristotele redivivo, è diventato anche infallibile come il capo della Chiesa cattolica? Per caso anche lui, nell’esercizio delle sue funzioni, parla ex cathedra?

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