lunedì 19 luglio 2010

Intervista a Giacomo Leopardi

Dal libro Per comporre di Ezio Scaramuzzino, ed.Manna,Napoli


       Debbo intervistare il famoso poeta Giacomo Leopardi. L'appuntamento è fissato per il mezzogiorno di oggi, qui a Napoli, presso il Caffè Capece. È una bella giornata di sole, cosa che certamente favorirà la sortita del poeta, per il resto alquanto restìo a farsi vedere in pubblico. Difatti, dopo solo dieci minuti di attesa, lo vedo arrivare. Sembra alquanto più vecchio dei trentotto anni che ha; è in compagnia di un signore, che dà quasi l'impressione di proteggerlo e che, appena arrivato, si presenta: “Antonio Ranieri”. Il poeta si siede senza dire una parola, sembra affaticato, ha il volto pallido ed emaciato, ordina subito un gelato alla nocciola, di cui si dice sia golosissimo. Mi presento subito, poi:
-Debbo chiamarla signor conte, oppure maestro, o come altro desidera?
-Se le fa piacere, mi chiami pure Giacomo.
-Lei si considera di più un poeta o un filosofo?
-Mi è capitato di fare qualche volta il filosofo, l'ho fatto nelle Operette morali. Ma io sono soprattutto un poeta, un poeta che vuole anche esprimere delle idee e per questo posso talvolta apparire un filosofo.
-Che cosa è per lei la poesia?
-È molto più facile dire che cosa essa non è.
-E che cosa non è?
-Non è un'attività futile per persone oziose, non è un gioco, non è……
-Che altro?
-Basta così; le posso solo dire che è l'attività più nobile, più seria… terribilmente seria, nella vita di un uomo.
-Perché lei è così pessimista sul futuro del genere umano?
-Lei è felice in questo momento? Non mi pare. Io nemmeno sono felice e non lo è il mio amico Ranieri, come non lo è quel cocchiere che, annoiato, aspetta un cliente da portare in giro per Napoli. Mi chiedo quindi come la somma di tante infelicità individuali possa costituire la felicità del genere umano, che pure è formato da individui.
-Eppure lei sa che proprio qui a Napoli ci sono dei filosofi, che sostengono che tutto va per il meglio e che il genere umano è destinato ad un futuro di progresso e di felicità.
-Ah, sì…, sono i cattolici liberali. Ma non li frequento, mi limito a disprezzarli.
-Un filologo svizzero, De Sinner, parlando di lei ha sostenuto che il suo pessimismo è una conseguenza delle sue sventure individuali e dei suoi guai fisici.
-È un miserabile, al quale già una volta ho dovuto replicare quasi con disgusto.
-Quale delle sue poesie le è più cara?
-Tutte mi sono care, anche quelle che ho lasciato incompiute, perché tutte mi sono costate fatica e notti insonni.
-Allora cambio la domanda. Quale delle sue poesie esprime meglio le sue idee?
-In ognuna di esse c'è una parte di me stesso, ma, come sempre avviene, ritengo che sia l'ultima quella più vicina al mio cuore e alla mia mente.
-E qual è quest’ultima poesia?
-È una poesia che ho finito di comporre in questi giorni e che prossimamente dovrebbe essere pubblicata qui a Napoli, insieme a tutte le altre, da un editore gentile e generoso, lo Starita.
-Possiamo saperne altro?
-Ancora non ne ho deciso nemmeno il titolo, forse la chiamerò La ginestra. La considero il mio testamento spirituale: è un invito alla solidarietà, alla fratellanza tra gli uomini.
-Si è per caso convertito ai valori del cattolicesimo?
-No di certo. La mia è una solidarietà laica per cui gli uomini, senza crearsi false illusioni e ben consapevoli del loro destino di sofferenza e di morte, debbono cessare di farsi del male tra di loro e aiutarsi per combattere insieme contro quella che è l'unica, vera loro nemica: la natura. Solo così essi potranno alleviare le loro pene, il loro dolore.
-Qual è il suo rapporto con l'amore, con le donne? Qualche anno fa si è molto parlato di una certa Fanny Targioni Tozzetti.
-In quella signora io amavo solo una certa idea della donna, come ho già avuto modo di dire in una poesia del 1823. Debbo però dire che quella signora si è dimostrata indegna del mio amore perché, come tutte le donne, non è riuscita a vedere in me quello che c'era al di là dell'aspetto fisico.
-A Napoli come si trova?
-A Napoli mi trovo molto bene. Il clima è dolce, i Napoletani sono simpatici e soprattutto qui ho la compagnia e l'affetto del mio amico Antonio Ranieri e della sorella Paolina. E poi non dimentichiamo che a Napoli fanno un ottimo gelato alla nocciola. A proposito….., cameriere….., può portarmi dell'altro gelato?

Jacopo Scognamiglio
( Monitore napolitano, 21 marzo 1836)

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